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Milano: Sicet, Unione Inquilini e Asia non firmano l'accordo locale

«Si tratta di un accordo inutile e dannoso, fatto in gran fretta su impulso del Comune di Milano, escludendo la possibilità di un’intesa più ampia e l’apertura di una discussione vera nella città, a partire da una valutazione sui redditi dei lavoratori con l’obiettivo di determinare canoni sopportabili per i cittadini, le famiglie, gli studenti». È quanto dichiarano in una nota le segreterie cittadine di Sicet Cisl, Unione Inquilini e Asia che hanno deciso di non firmare l’accordo locale in quanto «aumenta il canone concordato senza garanzie di una maggiore applicazione dello stesso». 

«Dopo le proteste studentesche sul caro affitti – continua la nota sindacale – l'obiettivo dichiarato dal Comune di Milano di voler contribuire a ridurli si è ritorto nel suo esatto contrario: un aumento del canone concordato attuale che va da un minimo del 36% a punte del 148 % per effetto della riduzione a 5 delle zone omogenee in cui è suddivisa della città». Secondo le tre sigle sindacali il risultato è che per il canone concordato, che usufruisce di cospicui benefici fiscali, «si raggiungono prezzi molto simili e in alcuni casi superiori rispetto al "mercato libero" senza che vi sia alcuna garanzia che lo stesso venga maggiornente applicato e senza che il Comune metta niente sul piatto in termini di ulteriori incentivi».

Secondo i calcoli dei sindacati «un alloggio di 70 mq catastali (circa 60 mq calpestabili) in Viale Misurata potrà essere affittato a 1.800 euro mensili (a cui sono da aggiungere le spese) e la proprietà avrà diritto a detrazioni fiscali e bonus. Molto pericoloso inoltre il meccanismo che permette anche l'affitto di singole stanze a prezzi che vanno dai 400 euro, spese escluse, nelle zone di estrema periferia ai 600 euro in quelle intermedie, ottenendo i benefici fiscali previsti per il canone concordato, a un costo ancor maggiore di quello ottenuto applicando i valori previsti dal nuovo accordo per gli  appartamenti interi».

«Il costo per gli inquilini diventa quindi di poco inferiore a quello proposto, ad esempio, da alcuni portali che affittano stanze, con la differenza che in questo caso sono da aggiungere all’affitto i costi delle utenze e le spese condominiali che invece di norma sono inclusi; anche in questo caso, dunque, l'accordo servirà solo a rialzare ulteriormente i prezzi. In questo modo il Comune non solo non risponde alle giuste richieste degli studenti, ma contribuisce a sottrarre nuova offerta abitativa alle famiglie quando invece occorrerebbe limitare e contrastare il fenomeno degli affitti brevi e di Airbnb».

«Stupisce la scelta di alcuni sindacati degli inquilini di accettare un accordo che favorisce la proprietà immobiliare e giustifica nei fatti il continuo aumento degli affitti quando invece è necessaria una grande mobilitazione per imporne una riduzione soprattutto nelle grandi aree metropolitane. Per questi motivi Sicet, Unione Inquilini e Asia, che insieme rappresentano la maggior parte degli inquilini a Milano, hanno deciso di non firmare quest’accordo e da settembre promuoveranno iniziative di discussione e mobilitazione a partire dagli inquilini delle grandi proprietà dove il canone concordato era già applicato con valori molto più bassi e dove quindi gli effetti del nuovo accordo rischiano di essere pesantissimi».

Sicet, Unione Inquilini e Asia chiedono che «il Comune di Milano, invece di farsi promotore di iniziative che favoriscono solo una proprietà edilizia che a Milano nel corso degli anni ha visto aumentare in modo esponenziale i propri rendimenti, pensi alle tante famiglie senza casa o sotto sfratto che sempre meno vengono considerate e tutelate, innanzitutto aumentando l'offerta di alloggi pubblici – quest'anno il Comune ha messo in assegnazione solo 136 alloggi sui 480 previsti dal piano annuale –, cessando la sottrazione di alloggi dai normali canali di assegnazione e dia soluzioni alle tantissime famiglie sotto sfratto che finiscono sulla strada senza soluzioni nella totale indifferenza delle istituzioni preposte».

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