Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Circolare del 7 agosto 2003, n. 4174
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 25 novembre 2003, n. 274
1. Premessa
Con la presente circolare questo Ministero intende far conoscere il proprio avviso
sulla disposizione di cui all’art. 1, comma 6, lettera b), della legge 21 dicembre
2001, n. 443, recepita dall’art. 3,
comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380 (in seguito Testo unico), come modificato ed integrato dall’art.
1, lettera a), del decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301 (in seguito
Testo unico coordinato), che ha compreso nella ristrutturazione edilizia gli interventi
di «demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma», assoggettandoli
a denuncia di inizio attività. Ciò al fine di fornire indirizzi per una interpretazione
uniforme ed omogenea della norma e per una sua conseguente corretta applicazione,
considerata anche la notevole incidenza della stessa sul patrimonio edilizio esistente:
è noto, infatti, che gli interventi di recupero e riqualificazione hanno assunto,
negli ultimi anni, rilevanza e diffusione crescente e costituiscono componente non
secondaria della politica urbanistico-edilizia di molti enti territoriali e che,
inoltre, la formazione degli strumenti urbanistici si attiene, sempre più di frequente,
a criteri del massimo possibile recupero e riuso del territorio urbanizzato e delle
aree edificate esistenti, anche al fine di contenere il ricorso all’edificazione
di nuovi ambiti territoriali.
Ulteriori motivi sulla necessità di orientare l’applicazione della norma si individuano
nell’importanza, da un lato, di fornire criteri guida in modo da agevolare i comportamenti
amministrativi dei comuni evitando possibili assunzioni di atti illegittimi; dall’altro,
nell’esigenza di assicurare, mediante una certezza interpretativa, tutela ai professionisti
in considerazione delle notevoli responsabilità affidate agli stessi su compiti
in precedenza assegnati agli uffici pubblici. I professionisti, infatti, sono tenuti
ad asseverare la conformità dell’intervento oggetto della Dia agli strumenti urbanistici
adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle
norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie, ed assumono, inoltre, la qualità
di persone esercenti un servizio di pubblica necessità ai sensi degli articoli 359
e 481 del codice penale. Conseguentemente l’amministrazione, in caso di dichiarazioni
non veritiere, ne dà comunicazione al competente ordine professionale per l’irrogazione
delle sanzioni disciplinari.
È in ogni caso da evidenziare che l’attestazione circa la consistenza delle volumetrie
esistenti avviene, da parte del professionista incaricato, tramite adeguata documentazione
grafica e fotografica, con le modalità eventualmente stabilite dal regolamento edilizio
comunale.
La verifica della legittimità delle preesistenze, nel caso di richiesta di permesso
di costruzione, spetta all’amministrazione che, una volta ricevuta la richiesta,
provvederà a controllare la sussistenza dei titoli abilitativi originari con relative
varianti (permessi di costruzione, concessioni edilizie, autorizzazioni edilizie,
denunce di inizio attività, concessioni o autorizzazioni in sanatoria) e dei provvedimenti
di disciplina edilizia adottati per eventuali abusi presenti nell’edificio. Qualora
si proceda con Dia, utilizzando la facoltà di cui all’art. 22 del Testo unico coordinato,
la situazione delle preesistenze, in quanto presupposto legittimante l’operazione
di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, deve essere oggetto di
ricognizione nella relazione asseverata di cui all’art. 23, comma 1, del Testo unico,
sulla base degli elementi forniti dal proprietario ovvero delle ricerche condotte
dal professionista. Peraltro, considerata la natura ricognitiva di tale attività,
il professionista non assume alcuna responsabilità circa l’effettiva situazione
della costruzione con riferimento alla disciplina urbanistico-edilizia pregressa,
essendo il contenuto della relazione circoscritto ai risultati della ricerca condotta
ed ai dati forniti dal proprietario. Tale incombente potrà in ogni caso assolversi
anche mediante richiesta di ogni opportuna informazione e documentazione allo sportello
unico per l’edilizia di cui all’art. 5, comma 1, del Testo unico.
Si precisa, infine, che i pareri e gli atti di assenso, nel caso di denuncia di
inizio attività, devono essere acquisiti direttamente dall’interessato ed allegati
alla richiesta. È, comunque, facoltà del richiedente produrre pareri ed atti di
assenso anche per il rilascio del permesso di costruire, in quanto lo sportello
unico è demandato a provvedere solo qualora tale documentazione non sia stata acquisita
dal richiedente.
2. Gli orientamenti giurisprudenziali sull’equiparazione
della demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione.
Antecedentemente all’entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, la
giurisprudenza amministrativa si era occupata più volte della questione relativa
alla possibilità di far rientrare, nell’ambito della ristrutturazione edilizia di
cui all’art. 31, comma 1, lettera d), della legge del 5 agosto 1978, n. 457, anche
l’intervento di demolizione e fedele ricostruzione del fabbricato.
Si è venuto, pertanto, a formare un consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo
cui «nel concetto di ristrutturazione edilizia devono annoverarsi anche gli interventi
consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato»
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2001, n. 1246; id., 28 marzo 1998, n. 369; id.,
14 novembre 1996, n. 1359; id., 9 febbraio 1996, n. 144; id., 23 luglio 1994, n.
807; id., 6 dicembre 1993, n. 1259; id., 3 febbraio 1992, n. 86; id., 3 gennaio
1992, n. 4; id., 4 aprile 1991, n. 430; id., 20 novembre 1990, n. 786; id., 9 luglio
1990, n. 594; id., 30 settembre 1988, n. 946; id., 28 giugno 1988, n. 416; id.,
17 ottobre 1987, n. 637; id., 21 dicembre 1984, n. 958).
L’equiparazione della demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione veniva dalla
giurisprudenza essenzialmente motivata con la considerazione che «il concetto di
ristrutturazione è necessariamente legato concettualmente ad una modifica e a una
salvezza finale (quantomeno nelle sue caratteristiche fondamentali) dell’esistente
(modifica che puo' essere generale o particolare e, quindi, dar luogo alla realizzazione
di un fabbricato in tutto o in parte «nuovo»), ma non anche alla indispensabile
conservazione, nella loro individualità fisica e specifica (tal quali essi sono
e si trovano), dei medesimi elementi costitutivi dell’edificio o di alcuni tra essi
(i principali)» (così Cons. Stato, sez. V, n. 946/1988).
3. Il recepimento normativo, con parziali innovazioni,
dei principi affermati dalla giurisprudenza.
Il Testo unico, recependo il c.d. diritto vivente, costituito dagli orientamenti
giurisprudenziali innanzi riportati, all’art. 3 aveva stabilito testualmente: «Nell’ambito
degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti
nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto
a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente,
fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica».
Tale formulazione è stata in seguito oggetto di una modifica ad opera dell’art.
1, comma 1, lettera a), del Testo unico coordinato che ha inteso conformarsi alla
sopravvenuta norma della legge n. 443/2001. Conseguentemente, il testo definitivo
vede sostituito il riferimento alla «fedele ricostruzione di un fabbricato identico,
quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali a quello
preesistente» con «ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quella esistente».
- 4. Conseguenze giuridiche derivanti dall’equiparazione della demolizione
e ricostruzione alla ristrutturazione.
- 4.1. Con riferimento alla disciplina edilizia.
- In forza del ricordato disposto, la nuova definizione di ristrutturazione
edilizia, comprendente anche la demolizione e ricostruzione di edifici con il
rispetto della volumetria e sagoma preesistenti, prevale sulle disposizioni degli
strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, come già stabilito dall’art.
31, ultimo comma, della legge n. 457/1978 e confermato all’art. 3, ultimo comma,
del Testo unico.
Va osservato, in proposito, che il mancato richiamo - nella nuova definizione
voluta dal legislatore della n. 443/2001 - al parametro «dei materiali edilizi»
non pone alcun particolare problema, mentre, per quanto riguarda «l’area di sedime»,
non si ritiene che l’esclusione di tale riferimento possa consentire la ricostruzione
dell’edificio in altro sito, ovvero posizionarlo all’interno dello stesso lotto
in maniera del tutto discrezionale. La prima ipotesi è esclusa dal fatto che,
comunque, si tratta di un intervento incluso nelle categorie del recupero, per
cui una localizzazione in altro ambito risulterebbe palesemente in contrasto con
tale obiettivo; quanto alla seconda ipotesi si ritiene che debbono considerarsi
ammissibili, in sede di ristrutturazione edilizia, solo modifiche di collocazione
rispetto alla precedente area di sedime, sempreché rientrino nelle varianti non
essenziali, ed a questo fine il riferimento è nelle definizioni stabilite dalle
leggi regionali in attuazione dell’art. 32 del Testo unico. Resta in ogni caso
possibile, nel diverso posizionamento dell’edificio, adeguarsi alle disposizioni
contenute nella strumentazione urbanistica vigente per quanto attiene allineamenti,
distanze e distacchi.
In ragione delle considerazioni espresse, per gli interventi di demolizione e
ricostruzione inclusi nella ristrutturazione non può trovare applicazione quella
parte della normativa vigente che detta prescrizioni per quanto riguarda gli indici
di edificabilità ed ogni ulteriore parametro di carattere quantitativo (altezze,
distanze, distacchi, inclinate, ecc.) riferibile alle nuove costruzioni. Ciò in
quanto il relativo rispetto potrebbe risultare inconciliabile con la demolizione
e ricostruzione intesa come operazione da effettuarsi con la sola osservanza della
sagoma e della volumetria preesistenti (ed in tale prospettiva, qualora non venga
utilizzata per intero la sagoma e la volumetria esistenti, l’intervento non può
essere incluso nella categoria della ristrutturazione edilizia).
Va però soggiunto che la demolizione e ricostruzione, rientrando per espressa
declaratoria legislativa nella ristrutturazione edilizia, dovrà rispettare le
prescrizioni ed i limiti dello strumento urbanistico vigente per quanto compatibili
con la natura dell’intervento e quindi non in contrasto con la possibilità, esplicitamente
prevista dal legislatore, di poter operare la ricostruzione attenendosi al solo
rispetto di sagoma e volume. Più specificatamente la demolizione e ricostruzione
può comportare aumenti della superficie utile nei limiti consentiti o non preclusi
per la ristrutturazione edilizia: in proposito, deve ritenersi insita nella natura
di tale intervento la possibilità di aumento della superficie utile con il conseguente
incremento del carico urbanistico, stante la fondamentale ratio legislativa di
favorire il rinnovo del patrimonio edilizio anche sotto un profilo tecnico-qualitativo
che comporta il più delle volte, per la stessa praticabilità dell’intervento,
un diverso dimensionamento della superficie utile.
In relazione a tale indirizzo, nella revisione delle norme tecniche di attuazione
dei piani urbanistici, dovrà essere attentamente ponderata la possibilità di estendere
(o mantenere) anche per la demolizione e ricostruzione i limiti di aumento della
superficie utile fissati in via generale per l’intervento di ristrutturazione
edilizia, proprio per non vanificare la finalità di incentivare il ricorso alla
demolizione e ricostruzione. A tal fine, si precisa che qualora gli strumenti
urbanistici generali ed i regolamenti edilizi, nelle more del recepimento delle
definizioni di cui all’art. 3 del Testo unico, non considerino esplicitamente
la demolizione e ricostruzione all’interno della categoria della ristrutturazione
edilizia e quindi non disciplinino le modalità di attuazione di tali interventi,
si ritiene ammissibile variare le superfici utili - potendo anche prevedere la
modifica delle quote di imposta dei solai - nel solo rispetto di sagoma e volume.
In ogni caso, sono da considerare sempre consentiti gli aumenti di superficie
dovuti all’adeguamento, in base a specifiche norme di legge, della dotazione di
servizi (in relazione all’inserimento di impianti speciali per portatori di handicap,
di impianti di sicurezza e simili).
Per quanto concerne lo standard relativo al dimensionamento di posti auto pertinenziali,
è auspicabile che gli interventi di che trattasi prevedano l’adeguamento al rapporto
minimo stabilito all’art. 2 della legge 24 marzo 1989, n. 122, a meno che documentate
motivazioni di carattere tecnico (dovute, ad esempio, a problemi di accessibilità
o di collegamento con la viabilità ordinaria o di inidonea struttura e consistenza
del terreno) ne rendano impraticabile la realizzazione. Peraltro, tale adeguamento
deve considerarsi obbligatorio in caso di aumenti di superfici utili e nei limiti
di tale incremento.
Restano comunque salve e vanno dunque rispettate le eventuali prescrizioni di
piano regolatore o dei regolamenti edilizi vigenti di portata generale, valevoli
cioè nell’intero territorio comunale o in singole zone urbanistiche, di carattere
estetico-architettonico (ad esempio l’uso di alcuni materiali, le indicazioni
sul colore per le superfici esterne, ecc.). Ciò all’evidente fine di un armonico
inserimento della nuova costruzione nell’ambiente urbano circostante.
- 4.2. Con riferimento alla disciplina urbanistica attuativa.
- Qualora l’intervento ricada in ambito nel quale il piano attuativo, ritenuto
dallo strumento urbanistico presupposto per l’edificazione, non sia ancora approvato,
si applica quanto disposto all’art. 9, comma 2, secondo periodo, del Testo unico.
Tuttavia, nei casi in cui le norme tecniche di attuazione del piano regolatore
generale, in attesa della formazione del piano attuativo, consentano di avviare
interventi manutentivi sul patrimonio edilizio esistente e comprendano espressamente,
in tale fattispecie, la ristrutturazione edilizia, è possibile procedere alla
demolizione e ricostruzione senza gli impegni a favore del comune, di cui al citato
art. 9.
- 4.3. Con riferimento alle costruzioni oggetto di sanatoria.
- Per quanto attiene alle modalità di attuazione degli interventi di demolizione
e ricostruzione alle costruzioni oggetto di rilascio di concessione in sanatoria
(in forma espressa o a seguito di formazione del silenzio assenso), occorre premettere
che, ai sensi delle leggi 28 febbraio 1985, n. 47, e 23 dicembre 1994, n. 724,
la procedura di sanatoria comporta l’equiparazione delle costruzioni abusive a
quelle legittime, con conseguente inapplicabilità delle sanzioni amministrative,
estinzione del reato e libera commerciabilità. Ciò stante, i parametri da rispettare,
in caso di demolizione e ricostruzione, sono quelli che definiscono l’oggetto
stesso del condono e si identificano con gli elementi che hanno costituito riferimento
per il computo dell’oblazione: quindi, oltre a volumetria e sagoma, anche destinazione
d’uso e superficie, quest’ultima calcolata secondo le modalità indicate dal decreto
del Ministro dei lavori pubblici del 10 maggio 1977, n. 801 (pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 146 del 31 maggio 1977).
Nel caso di demolizione e ricostruzione di opere eseguite in parziale difformità
- per le quali, non potendo procedere alla demolizione per il pregiudizio alla
parte eseguita in conformità, è stata applicata una sanzione pari al doppio del
costo di produzione - partecipa alla volumetria e sagoma preesistente, in fase
di ricostruzione, anche la parte oggetto di applicazione della sanzione.
In presenza di abusi non sanati consistenti in aumenti volumetrici, in caso di
sussistenza dei presupposti per una sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge
n. 47/1985 (ora art. 36 del Testo unico), è necessario conseguire prima il rilascio
della concessione in sanatoria ai sensi della richiamata norma, per poter poi
procedere alla demolizione e ricostruzione anche dei precisati aumenti. In difetto,
le demolizione e ricostruzione dovrà essere limitata alla sola parte legittima.
Va soggiunto peraltro che, in sede di revisione o adeguamento dello strumento
urbanistico, possono essere fissati, ove ritenuto necessario, limiti diversificati
per le operazioni di demolizione e ricostruzione di immobili condonati, anche
per quanto concerne le destinazioni d’uso e le variazioni di superfici utili consentibili,
in relazione al grado di contrasto della costruzione condonata con le previsioni
dello strumento urbanistico.
Quanto sopra vale sia per gli abusi sparsi che per i nuclei edilizi abusivi. Diversamente,
qualora le opere condonate siano incluse in varianti agli strumenti urbanistici
generali finalizzati al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi, ai sensi
dell’art. 29 della legge n. 47/1985, o comunque siano state oggetto di nuova pianificazione
successivamente all’entrata in vigore della legge n. 724/1992, i riferimenti normativi
sono quelli contenuti nei piani appositamente predisposti.
Roma, 7 agosto 2003
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
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