REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

n. 108 Reg. Ord.: 2006

n. 315 Reg. Gen.: 2006

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione 3a ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

sul ricorso n. 315/06, proposto da

Erbetti Francesca, Chica Quinonez Emma Veronica, SICET (Sindacato Inquilini Casa e Territorio) territoriale di Milano, in persona del legale rappresentante pro-tempore, SUNIA (Sindacato Unitario Nazionale Inquilini e Assegnatari) provinciale di Milano, in persona del legale rappresentante pro-tempore, CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) lombarda, in persona del legale rappresentante pro-tempore, USR CISL (Unione Sindacale Regionale della Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori) Lombarda, in persona del legale rappresentante pro-tempore, tutti rappresentati e difesi dall'avv. prof. Vittorio Angiolini e dell’avv. Riccardo Maia ed selettivamente domiciliati presso il loro studio in Milano, Galleria del Corso, n . 1

contro

Comune di Busnago,

non costituito in giudizio

e nei confronti di

Regione Lombardia

in persona del Presidente della Giunta Regionale pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Lucia Tamborino ed elettivamente domiciliata presso l'Avvocatura regionale in Milano, via Pola, n. 14;

 

per l’annullamento, previa sospensione

degli atti del Comune di Busnago pretto n. 12500 e 12501 del 23 novembre 2005 - aventi identico contenuto - con i quali veniva comunicato a Chica Quinonez Emma Veronica e ad Erbetti Francesca il rigetto della domanda di assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica poiché ai sensi della legge regionale Lombardia n. 7 del 2005 "per la presentazione della domanda per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica i richiedenti devono avere la residenza o svolgere attività lavorativa in Regione Lombardia da almeno 5 anni per il periodo immediatamente precedente alla data di presentazione della domanda".

Visto il ricorso notificato in data 19.1.06 e depositato in data 1.2.06;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;

Visto l'atto di motivi aggiunti proposto dai ricorrenti nei confronti delle altre parti;

Viste le memorie presentate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Uditi. alla pubblica udienza del 14 giugno 2006, relatore il dr. Riccardo Gialli, l'avv. V. Angiolini per i ricorrenti. e 1'avv. M.L. Tamborino per la Regione Lombardia;

Visti gli atti tutti della causa;

 

Ritenuto quanto segue in fatto e diritto:

FATTO

In data 22 ottobre 2005 le signore Erbetti Francesca e Chica Quinonez Emma Veronica presentavano al Comune di Busnago domanda per l'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica (ERP).

Il Comune di Busnago, con atti dello stesso tenore assunti in data 23 novembre 2005, un. 12500 e 12501, rigettava tali domande sul rilievo che ai sensi della legge regionale lombarda 8 febbraio 2005, n. 7 "per la presentazione della domanda per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica i richiedenti devono avere la residenza o svolgere attività lavorativa in Regione Lombardia da a1meno 5 anni per il periodo immediatamente precedente alla data di presentazione della domanda", requisito mancante ad entrambe le istanti. Il Comune faceva riferimento all'art. 1 letto a) della 1.r. 7/05 che ha introdotto all'art. 3 della 1.r. lombarda 1/00 il comma 41 bis, che prevede il requisito della residenza, ovvero dello svolgimento di attività lavorativa, in Lombardia da cinque anni per potere accedere all'assegnazione di alloggi di ERP.

Erbetti Francesca e Chica Quinonez Emma Veronica, assieme alle articolazioni milanesi dei sindacati SICET, SUNIA, CGIL e USR CISL, impugnano i citati provvedimenti comunali, articolando nei loro confronti censure di:

- Violazione e falsa applicazione della l.r. Lombardia 8 febbraio 2005, n. 7, da riconoscersi  costituzionalmente illegittima;

- Violazione e falsa applicazione delle regole e dei principi del diritto europeo sulla libera circolazione, con particolare riferimento all'art. 48 (poi 39) del trattato CE.

Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia per resistere al ricorso.

Dopo la proposizione del ricorso introduttivo il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato il regolamento regionale 27 marzo 2006, n. 5 il quale interviene a dare attuazione ad una seconda significativa previsione della citata l.r. 7/05, sempre contenuta nell'alt 1 letto a), che ha introdotto nell'alt 3 della l.r. 1/2000 il comma 41 ter, a mente del quale "la residenza sul territorio regionale concorre nella determinazione del punteggio per la formazione della graduatoria i cui criteri sono determinati da apposito regolamento".

I ricorrenti hanno impugnato, a mezzo di motivi aggiunti, il richiamato regolamento regionale n. 5 del 2006, ritenendolo illegittimo nella parte in cui inserisce la residenza in Lombardia, già requisito di accesso all'ERP, quale elemento da valutare ai fini dell'attribuzione del punteggio per l'assegnazione degli alloggi pubblici e chiedendone l'annullamento.

La Regione Lombardia ha presentato memorie nelle quali, oltre ad insistere per la infondatezza nel merito delle censure sollevate, eccepisce il difetto di legittimazione attiva della Associazioni sindacali ricorrenti nonché delle stesse ricorrenti persone fisiche per conflitto di interesse tra le stesse, dal momento che il Comune di Busnago aveva previsto nel bando l'assegnazione di un solo alloggio.

Alla pubblica udienza del 14 giugno 2006, relatore il dr. Riccardo Giani, sentiti i difensori delle parti come da verbale, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

 

1. Devono essere in primo luogo esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso avanzate dalla Regione Lombardia.

1.1. Viene eccepita l'inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva delle organizzazioni sindacali.

L'eccezione formulata dalla Regione involge la tematica dell'accesso alla tutela giurisdizionale dei soggetti portatori di interessi superindividuali. E' noto che dopo una iniziale chiusura, quando la giurisprudenza fissava in modo rigido il collegamento tra azione giudiziaria e natura individuale della posizione soggettiva dedotta in giudizio, a partire dalla decisone Cons. Stato, Ad. Plen., 19 ottobre 1979, n. 24, si è assistito ad un riconoscimento, seppur a precise condizioni, della legittimazione all'impugnati va di atti amministrativi da parte di soggetti portatori di interessi collettivi, nel quadro della valorizzazione del disposto dell'art. 2 Cost. La giurisprudenza ha compiuto un significativo sforzo ermeneutico per individuare, tra gli interessi superindividuali perseguiti dagli enti esponenziali, quelli che risultino meritevoli di ingresso alla tutela giurisdizionale, tali cioè da conferire ai relativi enti esponenziali stessi la legittimazione ad agire in giudizio. La concreta selezione è operata con riferimento alla sussistenza, nelle ipotesi concrete, dei requisiti. della differenziazione e della qualificazione. Il requisito della differenziazione postilla la necessità che l'ente esponenziale faccia valere in giudizio un interesse specifico del gruppo esponenziato e allo stesso riferentesi in modo complessivo e unitario. Il carattere soggettivo della giurisdizione amministrativa esclude infatti che possano accedere alla tutela giurisdizionale interessi diffusi nel corpo sociale, incapaci di appuntarsi in modo specifico in capo ad un determinato soggetto dell'ordinamento. La sussistenza del requisito della differenziazione passa attraverso la verifica dei seguenti elementi: a) fine statutario: l'ente deve agire a tutela di uno specifico fine istituzionale individuato dallo Statuto; b) stabile organizzazione: l'ente deve essere dotato di una organizzazione con la quale svolgere in modo effettivo e continuo l'attività a tutela del fine statutario; c) collegamento territoriale: deve esistere un nesso di collegamento di tipo spaziale tra ambito di svolgimento dell'attività da parte del soggetto portatore dell'interesse collettivo e ambito di efficacia dell'atto amministrativo considerato lesivo e quindi impugnato. L'interesse differenziato in tal modo individuato deve per altro, per poter attribuire al soggetto collettivo la legittimazione ad agire, caratterizzarsi per essere un interesse giuridicamente protetto, connotato cioè dal requisito della qualificazione da parte di norme giuridiche. C'è da aggiungere che il legislatore si è successivamente orientato, con riferimento ai settori in cui la tematica de qua è apparsa più rilevante, nel senso di prevedere ipotesi di enti esponenziali legittimati ex lege all'azione giurisdizionale amministrativa (si pensi in particolare agli artt. 13 e 18 legge 349/1986 in materia ambientale). Ciò tuttavia non esclude che l'indagine sulla sussistenza delle condizioni dell'azione debba e possa essere effettuata dal giudice caso per caso, secondo la griglia concettuale sopra descritta, con la prudenza necessaria per evitare di creare spazi di giustiziabilità di interessi non motivati da solidi e concreti riferimenti alla realtà sostanziale sottostante (in tal senso TAR Lombardia, Milano, 2/\ sez., 23 ottobre 2002, n. 5093).

Alla luce delle svolte considerazioni il Collegio ritiene che le Associazioni ricorrenti siano dotate dei requisiti necessari per agire nel presente ricorso.

In relazione al SICET questo Tribunale ha già avuto modo di pronunciarsi in senso favorevole rispetto alla sua legittimazione ad impugnare atti relativi all'ERP, con orientamento che il Collegio ritiene di confermare (cfr. TAR Milano, 1/\ sez., 29.9.2004, n. 4196). L'esame dello Statuto del SICET consente di evidenziare che tale sindacato persegue lo scopo di "assicurare un'abitazione a tutti coloro che ne sono ancora privi, per difficoltà economiche, sociali, sanitarie e/o familiari"(cfr. preambolo) e che sua finalità è svolgere "una politica della casa e del territorio che assicuri ai lavoratori e alle classi popolari una abitazione dignitosa ad un costo proporzionato al reddito familiare" (cfr. art. 2), a tutela del "diritto alla casa e all'abitare in affitto" (cfr. art. 3). D'altra parte che si tratti di soggetto che svolge in modo effettivo e stabile attività a sostegno del fine statutario, e quindi dotato della necessaria struttura organizzativa, risulta comprovato dal coinvolgimento del SICET da parte della Regione al fine della predisposizione del Programma Regionale per l'Edilizia Residenziale Pubblica 2002-2004. Né può dubitarsi della sussistenza del requisito del collegamento territoriale, agendo in giudizio la struttura milanese del sindacato avverso un atto destinato a produrre i suoi effetti nel territorio della Regione Lombardia. L'interesse a favorire l'accesso alla casa di abitazione alle categorie più disagiate, infine, è senza dubbio interesse giuridicamente rilevante, come tale qualificato sia a livello costituzionale (art. 47 Cost. ) sia dalla complessa serie di norme emanate in tema di edilizia economica e popolare (poi residenziale pubblica) a partire dal periodo successivo alla prima guerra mondiale.

Ritiene il Collegio che analoghe considerazioni quanto a fine statutario, stabile organizzazione e collegamento territoriale valgano anche in relazione alle altre articolazioni locali delle Associazioni sindacali ricorrenti. Sul punto merita qualche ulteriore considerazione solo il profilo del fine statutario. Il SUNIA ha come obiettivo "il riconoscimento del diritto alla casa quale bene di primario valore civile e sociale garantito a tutti" (cfr. art. 1 Statuto), mirando quindi alla "tutela degli inquilini, degli assegnatari e dei soggetti che versano in condizioni di bisogno alloggiativi e, comunque, dei diritti degli utenti del bene casa e degli aspiranti ad esso". Lo Statuto della CISL parla di "rispetto delle esigenze della persona" , di "solidarietà" e "giustizia sociale" e di "sviluppo della personalità umana attraverso la giusta soddisfazione dei suoi bisogni materiali, intellettuali e morali, nell'ordine individuale, familiare e sociale" (cfr. art. 2). La CGIL "afferma il valore della solidarietà in una società senza privilegi e discriminazioni, in cui sia riconosciuto il diritto al lavoro, alla salute alla tutela sociale, il benessere sia equamente distribuito, la cultura arricchisca la vita di tutte le persone, rimuovendo gli ostacoli politici, sociali ed economici che impediscono alle donne e agli uomini native/i e immigrate/i di decidere - su basi di pari diritti ed opportunità, riconoscendo le differenze - della propria vita e del proprio lavoro".

L'eccezione di difetto di legittimazione attiva delle Associazioni ricorrenti deve quindi essere rigettata.

 

1.2. La Regione Lombardia rileva quindi altresì la inammissibilità del ricorso delle signore Francesca Erbetti e Chica Quinonez Emma Veronica in quanto in conflitto di interessi tra di loro, essendo soltanto uno l'immobile di ERP da assegnare da parte del Comune di Busnago.

L'eccezione è infondata.

Le ricorrenti hanno presentato domanda al Comune di Busnago per ottenere l'assegnazione di un alloggio di ERP e hanno visto le loro istanze rigettate in limine per difetto del presupposto di ammissibilità delle stesse, rappresentato dalla residenza o attività lavorativa in Lombardia protratta per cinque anni nel periodo immediatamente precedente la presentazione della domanda. Le istanti sono sicuramente legittimate ad insorgere contro i richiamati provvedimenti di rigetto, al fine di fame valere in giudizio la illegittimità, anche attraverso la previa verifica della legittimità costituzionale della normativa applicata. Né pare sussistere, nella presente fattispecie, un conflitto d'interesse tra le ricorrenti, come ipotesi paralizzante la loro legittimazione a ricorrere.

Esse, al contrario, sono portatrici di un interesse coincidente, che è quello a far dichiarare illegittima l'esclusione dall'accesso all'edilizia residenziale pubblica da parte di coloro che non possano vantare cinque anni di residenza o di svolgimento di attività lavorativa in territorio lombardo. In tal modo le ricorrenti otterrebbero l'inserimento nella graduatoria comunale, la quale ha un'efficacia che va ben oltre l'assegnazione degli alloggi indicati nel bando in relazione al quale è stata presentata la domanda. Infatti l'art. 11 del regolamento regionale 10 febbraio 2004, n. 1 stabilisce che "la graduatoria comunale è unica ed è aggiornata ed integrata con cadenza semestrale" così che la domanda ammessa in graduatoria può concorrere all'assegnazione non solo degli alloggi di ERP messi a concorso con il singolo bando, ma anche di tutti quelli che si rendano successivamente disponibili. Solo dopo il sesto aggiornamento semestrale è necessaria una conferma o rinnovazione della domanda, pena la decadenza (cfr. art. 11 cit.).

Alla luce degli svolti rilievi le ricorrenti hanno ben interesse ad impugnare i provvedimenti di esclusione e le loro posizioni non sono affatto in conflitto d'interesse, a nulla rilevando il fatto che il bando comunale preveda, allo stato, l'assegnazione di un solo alloggio.

 

2. Nel merito il ricorso riguarda la disciplina dell'assegnazione degli alloggi di ERP, tema sul quale la Regione Lombardia ha, in tempi recenti, proceduto ad un'ampia produzione normativa.

In particolare prima della legge regionale 7/05 e del regolamento regionale 5/2006, la Regione si era occupata della materia con l'emanazione del regolamento regionale 1/2004, stabilendo che al fine dell'assegnazione degli alloggi in questione si tenesse conto non solo del disagio familiare, abitativo ed economico ma altresì degli anni di residenza in Lombardia, con l'attribuzione di punteggi varianti da 5 punti per un anno fino a 90 per oltre 20 anni di residenza in Lombardia.

Questo Tribunale, con sentenza della l^ sez. n. 4196/04 , aveva annullato sul punto il regolamento regionale, sul rilievo che una simile valorizzazione della residenza regionale introduca un elemento estraneo alla ratio della normativa sull'edilizia residenziale pubblica, che ha la finalità di favorire l'accesso all'abitazione a condizioni più favorevoli di quelle di mercato alle categorie meno abbienti, con l'effetto di determinare uno sviamento della funzione amministrativa dalla finalità sue proprie.

La citata sentenza non è stata appellata dall'amministrazione regionale.

La Regione Lombardia ha tuttavia provveduto ad effettuare un nuovo intervento, questa volta di rango legislativo, a mezzo dell'approvazione della più volte citata 1.r. 8 febbraio 2005, n. 7 la quale, per i profili qui coinvolti, interviene con due norme, introdotte nell'art. 3 della legge regionale 5 gennaio 2000, n. 1: da un lato viene introdotto il comma 41 bis - a mente del quale "per la presentazione della domanda per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di cui al comma 3 dell'articolo l del regolamento regionale 10 febbraio 2004, n. 1 (Criteri generali per l'assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (art, 3, comma 41, lett. m) l.r. 1/2000), i richiedenti devono avere la residenza o svolgere attività lavorativa in Regione Lombardia da a1meno cinque anni per il periodo immediatamente precedente alla data di presentazione della domanda"; dall'altro viene introdotto il comma 41 ter, il quale dispone che "la residenza sul territorio regionale concorre nella determinazione del punteggio per la formazione della graduatoria i cui criteri sono demandati ad apposito regolamento". L'art. 3, comma 41 ter, della l.r. 1/2000 novellato ha poi trovato attuazione con il regolamento regionale n. 5 del 2006.

Con il ricorso introduttivo del giudizio vengono impugnati atti applicativi del disposto di cui al citato art. 3, comma 41 bis, del quale si evidenzia la illegittimità costituzionale ove pone una condizione di ammissibilità della domanda di accesso all'ERP rappresentata dalla necessità che l'istante vanti cinque anni di residenza ovvero di lavoro in Lombardia; con i motivi aggiunti viene poi impugnato il regolamento regionale n. 5 del 2006 che valorizza, anche ai fini del punteggio, la residenza in territorio regionale.

 

3. Ritiene il Collegio di dover previamente esaminare le censure di cui al ricorso principale e di dover conseguentemente valutare la questione di legittimità costituzionale del più volte citato art. 3, comma 41 bis, l.r. 1/2000, introdotto dalla l.r. 7/2005, sollevata dai ricorrenti.

Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale.

 

4. In punto di rilevanza è sufficiente evidenziare che gli impugnati provvedimenti del Comune di Busnago fanno letterale applicazione, nei confronti delle istanze di accesso all'ERP presentate dalle signore Erbetti e Chica Quinonez, della previsione normativa citata, rigettando le stesse in quanto le richiedenti non possono vantare il requisito della residenza o lavoro in territorio regionale da almeno cinque anni. E' di palese evidenza che in caso di declaratoria di illegittimità costituzionale della norma, il ricorso presentato avverso gli atri di esclusione, disposta in limine per difetto di requisito di ammissibilità, potrà trovare accoglimento, mentre dovrà essere rigettato in caso contrario, gli atti impugnati facendo fedele e corretta applicazione del disposto normativo de quo.

 

5. La prospettata questione di legittimità costituzionale è altresì non manifestamente infondata con riferimento ai parametri costituzionali di seguito indicati.

5.1. Violazione dell'art. 117, comma 3, Cost., anche in relazione all'art. 47 Cost., e comunque dell'art. 117, comma2, lett. m) Cost.

Nell'assetto istituzionale precedente l'entrata in vigore della riforma del titolo V della Costituzione di cui alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 la materia dell'edilizia residenziale pubblica - denominata edilizia economica e popolare prima della legge 865/71 - rientrava nella competenza legislativa regionale concorrente, essendo stato chiarito che l' "urbanistica" si estendeva anche a tale settore (cfr., tra le altre, Corte costo 221/75 e 347/93). Ad analoga conclusione deve giunger si nel nuovo assetto istituzionale, dovendo l'edilizia residenziale pubblica essere collocata nell'ambito del "governo del territorio", locuzione più ampia di quella di "urbanistica" che abbraccia e supera l'insieme di "urbanistica" ed "edilizia" (cfr. Corte costo 303/2003 e 362/2003 ed anche 307/2003). In punto di competenza concorrente la riforma del 2001 ribadisce, all'art. 117 comma 3 Cost., che la potestà legislativa compete alle regioni, salvo tuttavia riservare alla legislazione dello Stato "la determinazione dei principi fondamentali".

Ritiene il Collegio che la legge regionale lombarda 7 del 2005, con l'introduzione del requisito di accesso all'ERP rappresentato dalla residenza o comunque dal lavoro in Lombardia protratto per cinque anni, violi i principi fondamentali in materia di edilizia residenziale pubblica fissati dalle leggi dello Stato. Come la Corte Costituzionale ha più volte ripetuto, la legislazione sull'edilizia residenziale pubblica, sin dal r.d. 1165/1938 e fino alla leggi statali più recenti, ha la "finalità di favorire l'accesso all'abitazione, a condizioni inferiori a quelle di mercato, a categorie di cittadini meno abbienti" (Corte Cost., 25 maggio 2004, n. 150; nello stesso senso anche Corte cost., 7 maggio 2004, n. 135 e 19 luglio 2000, n. 299) e la correlata funzione amministrativa, autorevolmente qualificata come servizio pubblico, deve garantire tale finalità. Ciò implica che ai fini dell'assegnazione degli alloggi di ERP debba tenersi conto delle situazioni di bisogno degli istanti, le quali vengono tradizionalmente espresse attraverso il riferimento al "disagio abitativo" nonché "familiare" ed "economico". Al contrario contrasta con le richiamate finalità dell'ERP, che sono da qualificarsi come principi fondamentali di legislazione statale, la normativa della Regione Lombardia, laddove introducendo un requisito di accesso legato alla residenza regionale o al lavoro in Regione protratti per almeno cinque anni, rischia di escludere dal servizio pubblico dell'edilizia residenziale le fasce di aspiranti più deboli e in condizioni di maggior bisogno sol perché prive del requisito di accesso previsto.

Per altro la previsione della legge regionale 7/05 contrasta anche con il disposto dell'art 117, comma 2, letto m) Così. che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato la "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale". La prestazione garantita dalla legislazione statale, consistente nell'accesso all'ERP da parte delle fasce sociali più disagiate per ottenere alloggi a condizioni più vantaggiose di quelle di mercato, viene infatti limitata o condizionata dalla legge regionale e dal requisito di accesso all'ERP richiamato.

 

5.2. Violazione dell'art. 3 Cost..

La richiamata norma regionale introduce un fattore discriminatorio, rapportato alla durata del lavoro o della residenza in Lombardia, che appare irragionevole e ingiustificato e quindi in contrasto con l'art. 3 Cost. A fronte di una finalità del servizio di ERP che è quella di favorire l'accesso all'abitazione, a condizioni privilegiate, per le categorie sociali meno abbienti, si introduce il requisito della residenza o del lavoro protratto nel tempo in Regione che con tale finalità non ha alcun rapporto. Anzi con la concreta possibilità di escludere dall'accesso al servizio stesso coloro i quali, proprio perché non radicati da lungo tempo sul territorio regionale e alla ricerca di un lavoro in Regione, si trovano in condizioni di maggiore difficoltà e di maggiore disagio. Appare infatti difficile negare che chi da poco si è trasferito in Lombardia, chi ha appena trovato un lavoro in Regione, o lo cerca, sia più bisognoso di aiuto nell'inserimento sociale rispetto a chi già da almeno cinque anni qui lavora o risiede. Conseguentemente escludere dall'accesso all'ERP proprio le categorie più disagiate appare in palese contrasto con il principio di ragionevolezza e con il principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 Cost.

 

5.3. Violazione dell'ari. 120 Cost.

Vietare l'accesso agli alloggi di ERP a chi risiede o lavora in Lombardia da meno di cinque anni si pone in contrasto con l'art. 120 Costo a mente del quale la Regione non può "adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone o delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale". La normativa regionale censurata rende più difficoltosa la mobilità tra Regioni a chi versi in stato di bisogno e rende difficile lavorare in una Regione a chi non vi sia da tempo stabilmente insediato.

 

5.4. Violazione degli artt. 101, 102, 103, 104 e 111 Cost.

Come già chiarito al precedente punto 2. prima della legge regionale 7/05 la Regione Lombardia si era già occupata della materia dell'ERP con 1'emanazione del regolamento regionale 1/2004, stabilendo che al fine dell'assegnazione degli alloggi in questione si tenesse conto non solo del disagio familiare, abitativo ed economico ma altresì degli anni di residenza in Lombardia, con l'attribuzione di punteggi varianti da 5 punti per un anno fino a 90 per oltre 20 anni di residenza in Lombardia. Questo Tribunale, con sentenza della 1/\ sez. n. 4196/04, aveva annullato sul punto il regolamento regionale, sul rilievo che una simile valorizzazione della residenza regionale introduca un elemento estraneo alla ratio della normativa sull'edilizia residenziale pubblica, che ha la finalità di favorire l'accesso all'abitazione a condizioni più favorevoli di quelle di mercato alle categorie meno abbienti, con l'effetto di determinare uno sviamento della funzione amministrativa dalla finalità sue proprie. La citata sentenza non è stata appellata dall'Amministrazione regionale. La Regione è poi intervenuta con le norme di legge qui in esame.

Ciò induce il Collegio a ritenere che la disciplina in esame sia stata ispirata anche dall'intento di neutralizzare, mediante la modifica formale della fonte normativa, l'orientamento assunto in materia da questo TAR con la sentenza 4196/04, il che non può non risultare lesivo della funzione giurisdizionale, con conseguente violazione degli artt. 101, 102, 103, 104 e 111 Cost..

 

5.5. Violazione dell'art. 117, comma primo, Cost. in relazione all'art. 48 (poi 39) del Trattato CE.

L'art. 117, primo comma, Cost., come modificato dalla legge cost. 3/2001, prevede che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione "nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali".

L'art. 39, già 48, del Trattato CE prevede il diritto dei lavoratori alla libera circolazione nell'ambito della Comunità, specificando che lo stesso implica gli ulteriori diritti a rispondere a offerte di lavoro, a spostarsi liberamente nel territorio degli Stati e di prendervi dimora. La Corte di Giustizia delle Comunità Europee ne ha tratto l'ulteriore corollario che l'utilizzo del criterio della residenza come presupposto dell'accesso a benefici o servizi pubblici sia legittimo "purché tale condizione possa essere giustificata sulla base di considerazioni oggettive indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate e adeguatamente commisurate allo scopo legittimamente perseguito dal diritto nazionale" (sentenza 23 marzo 2004 nel procedimento C-138/02).

Nel caso che ci occupa il requisito della residenza per cinque anni (o del lavoro in Regione) non risulta commisurato allo scopo del diritto nazionale, avendo anzi già evidenziato come si tratti di requisito in palese contrasto con la ratio sottesa all'intera legislazione dell'ERP.

 

6. Per tutte le considerazioni esposte il Collegio dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 lett. a) della 1.r. della Lombardia n. 7/05, che ha introdotto all'art. 3 della 1.r. lombarda 1/00 il comma 41 bis.

Il giudizio deve quindi essere sospeso e deve disporsi la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per l'esame della su indicata questione.

 

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia pronunciando sul ricorso n. 315/06 così dispone:

- solleva avanti alla Corte costituzionale, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell' art. 3, comma 41 bis, l.r. Lombardia 5 gennaio 2000, n. 1, come introdotto dall'art. 1 lett. a) della l.r. Lombardia 8 febbraio 2005 n. 7, per contrasto con gli artt. 3, 47,101,102,103,104,111, 117 comma 1, comma 21ett. m), comma 3 e 120 della Costituzione;

- sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

- manda alla segreteria della Sezione di notificare la presente ordinanza alle parti e al Presidente della Giunta regionale della Lombardia, nonché di darne comunicazione al Presidente del Consiglio regionale della Lombardia.

Così deciso in Milano il 14 giugno 2006 in camera di consiglio con l'intervento dei magistrati:

 

Domenico Giordano - presidente

Riccardo Giani - referendario estensore

Vincenzo Blanda - referendario

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il 27 luglio 2006

(art, 55,1. 27.4.1982, n, 186)


LEggi il commento di cisl e sicet lombardiA dell'ordinanza.

 

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