Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
Decreto 12 giugno 2003, n. 185
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 luglio 2003, n. 169
 
Il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
di concerto con
I Ministri delle Politiche Agricole e Forestali delle Attività Produttive e 
della Salute
Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349;
Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante disposizioni sulla 
tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento delle direttive 91/271/CEE e 
91/676/CEE, e successive modifiche ed integrazioni;
Visto, in particolare, l’articolo 26, comma 2, del citato decreto legislativo che 
prevede la definizione di norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue;
Vista l’intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni 
e le province autonome di Trento e Bolzano, resa nella riunione del 25 luglio 2002;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli 
atti normativi nell’adunanza del 10 febbraio 2003;
Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, effettuata con 
nota UL/2003/1465 del 20 febbraio 2003;
Emana il seguente regolamento:
Art. 1
Principi e finalità
	- Il presente regolamento stabilisce, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, della 
	legge 5 gennaio 1994, n. 36, come sostituito dall’articolo 26, comma 2, del 
	decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modifiche ed integrazioni, 
	le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed 
	industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d’uso e dei relativi 
	requisiti di qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle 
	risorse idriche, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, 
	riducendo l’impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori e favorendo il 
	risparmio idrico mediante l’utilizzo multiplo delle acque reflue.
 
	- Il riutilizzo deve avvenire in condizioni di sicurezza ambientale, evitando 
	alterazioni agli ecosistemi, al suolo ed alle colture, nonché rischi igienico-sanitari 
	per la popolazione esposta e comunque nel rispetto delle vigenti disposizioni 
	in materia di sanità e sicurezza e delle regole di buona prassi industriale 
	e agricola.
 
	- Il presente regolamento non disciplina il riutilizzo di acque reflue presso 
	il medesimo stabilimento o consorzio industriale che le ha prodotte.
	4. Nel rispetto delle norme tecniche di cui al presente regolamento le regioni 
	adottano le norme e le misure previste dall’articolo 6, comma 2, della legge 
	n. 36 del 1994 per il conseguimento degli obiettivi di qualità di cui al decreto 
	legislativo n. 152 del 1999, con particolare riferimento alle aree sensibili 
	di cui all’articolo 18 del suddetto decreto legislativo, anche al fine di far 
	fronte in modo strutturale a situazioni permanenti di scarsità della risorsa 
	idrica. Tali norme e misure costituiscono parte integrante dei piani di tutela 
	di cui al capo I del titolo IV del decreto legislativo n. 152 del 1999 e sono 
	inserite nei predetti piani ai sensi dell’allegato 4 del citato decreto legislativo. 
Art. 2
Definizioni
	- Ai fini del presente regolamento si intende per:
	
		- recupero: riqualificazione di un’acqua reflua, mediante adeguato trattamento 
		depurativo, al fine di renderla adatta alla distribuzione per specifici 
		riutilizzi;
 
		- impianto di recupero: le strutture destinate al trattamento depurativo 
		di cui alla lettera a), incluse le eventuali strutture di equalizzazione 
		e di stoccaggio delle acque reflue recuperate presenti all’interno dell’impianto, 
		prima dell’immissione nella rete di distribuzione delle acque reflue recuperate;
 
		- rete di distribuzione: le strutture destinate all’erogazione delle acque 
		reflue recuperate, incluse le eventuali strutture per la loro equalizzazione, 
		l’ulteriore trattamento e lo stoccaggio, diverse da quelle di cui alla lettera 
		b);
 
		- riutilizzo: impiego di acqua reflua recuperata di determinata qualità 
		per specifica destinazione d’uso, per mezzo di una rete di distribuzione, 
		in parziale o totale sostituzione di acqua superficiale o sotterranea.
 
	
	 
Art. 3
Destinazioni d’uso ammissibili
	- Le destinazioni d’uso ammissibili delle acque reflue recuperate sono le 
	seguenti:
	
		- irriguo: per l’irrigazione di colture destinate sia alla produzione 
		di alimenti per il consumo umano ed animale sia a fini non alimentari, nonché 
		per l’irrigazione di aree destinate al verde o ad attività ricreative o 
		sportive;
 
		- civile: per il lavaggio delle strade nei centri urbani; per l’alimentazione 
		dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento; per l’alimentazione di reti 
		duali di adduzione, separate da quelle delle acque potabili, con esclusione 
		dell’utilizzazione diretta di tale acqua negli edifici a uso civile, ad 
		eccezione degli impianti di scarico nei servizi igienici;
 
		- industriale: come acqua antincendio, di processo, di lavaggio e per 
		i cicli termici dei processi industriali, con l’esclusione degli usi che 
		comportano un contatto tra le acque reflue recuperate e gli alimenti o i 
		prodotti farmaceutici e cosmetici.
 
	
	 
Art. 4
Requisiti di qualità delle acque reflue ai fini del riutilizzo
	- Fermo restando quanto previsto al punto 3 dell’allegato al presente regolamento, 
	le acque reflue recuperate destinate al riutilizzo irriguo o civile devono possedere, 
	all’uscita dell’impianto di recupero, requisiti di qualità chimico-fisici e 
	microbiologici almeno pari a quelli riportati nella tabella del medesimo allegato. 
	In caso di riutilizzo per destinazione d’uso industriale, le parti interessate 
	concordano limiti specifici in relazione alle esigenze dei cicli produttivi 
	nei quali avviene il riutilizzo, nel rispetto comunque dei valori previsti per 
	lo scarico in acque superficiali dalla tabella 3 dell’allegato 5 del decreto 
	legislativo n. 152 del 1999.
 
	- In applicazione e per le finalità di cui all’articolo 12-bis del regio decreto 
	11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dall’articolo 23, comma 3, del decreto 
	legislativo n. 152 del 1999, il riutilizzo delle acque reflue è liberamente 
	consentito, previo trattamento di recupero diretto ad assicurare il rispetto 
	dei requisiti di qualità di cui al comma 1.
 
	- L’autorità sanitaria può disporre, ai sensi della vigente legislazione, 
	divieti e limitazioni, sia temporali, sia territoriali alle attività di recupero 
	o di riutilizzo.
 
Art. 5
Pianificazione delle attività di recupero delle acque reflue ai fini del riutilizzo
	- Le regioni entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente regolamento, 
	definiscono un primo elenco degli impianti di depurazione di acque reflue urbane 
	il cui scarico deve conformarsi ai limiti di cui all’articolo 4. Le regioni 
	definiscono, in particolare, gli impianti di depurazione, la tipologia delle 
	reti di distribuzione da impiegare per il riutilizzo e le infrastrutture di 
	connessione con le reti di distribuzione.
 
	- Ai fini dell’elaborazione dell’elenco di cui al comma 1, le regioni identificano, 
	in relazione alle previsioni di riutilizzo, per ciascun impianto di depurazione, 
	il soggetto titolare, la portata attuale e a regime dello scarico e le caratteristiche 
	dello scarico.
 
Art. 6
Autorizzazione allo scarico con finalità di riutilizzo
	- Nell’ambito della autorizzazione allo scarico con finalità di riutilizzo 
	e, nel caso di impianti di recupero delle acque reflue urbane, dell’approvazione 
	dei progetti ai sensi dell’articolo 47 del decreto legislativo n. 152 del 1999, 
	sono dettate le prescrizioni atte a garantire che l’impianto autorizzato osservi 
	i valori limite e le norme del presente regolamento e della normativa regionale 
	di attuazione.
 
Art. 7
Controllo e monitoraggio degli impianti di recupero
	- L’impianto di recupero delle acque reflue è soggetto al controllo da parte 
	dell’autorità competente, ai sensi dell’articolo 49 del decreto legislativo 
	n. 152 del 1999, per la verifica del rispetto delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione 
	di cui all’articolo 6. Il controllo, su disposizione dell’autorità competente 
	e sulla base del programma di controllo di cui all’articolo 49, comma 1, del 
	decreto legislativo n. 152 del 1999, può essere effettuato dal titolare dell’impianto 
	di recupero.
 
	- Il titolare dell’impianto di recupero deve, in ogni caso, assicurare un 
	sufficiente numero di autocontrolli all’uscita dell’impianto di recupero, comunque 
	non inferiore a quello previsto dalla normativa regionale in rapporto alle specifiche 
	utilizzazioni. I risultati delle analisi devono essere messi a disposizione 
	delle autorità di controllo.
 
Art. 8
Scarico alternativo nel corpo recettore
1. Qualora non venga effettuato il riutilizzo dell’intera portata trattata, 
l’impianto 
di recupero delle acque reflue deve prevedere uno scarico alternativo delle acque 
reflue trattate. Lo scarico alternativo deve assicurare al corpo recettore gli usi 
legittimi e gli obiettivi di qualità di cui al
Titolo II, Capo I del decreto legislativo 
n. 152 del 1999 e, come minimo, deve essere conforme alle disposizioni del Titolo 
III, Capo III del medesimo decreto legislativo.
Art. 9
Reti di distribuzione
	- Le reti di distribuzione delle acque reflue recuperate sono separate e realizzate 
	in maniera tale da evitare rischi di contaminazione alla rete di adduzione e 
	distribuzione delle acque destinate al consumo umano. I punti di consegna devono 
	essere adeguatamente marcati e chiaramente distinguibili da quelli delle acque 
	destinate al consumo umano.
 
	- Le reti di distribuzione delle acque reflue recuperate devono essere adeguatamente 
	contrassegnate e, laddove realizzate con canali a cielo aperto, anche se miscelate 
	con acque di altra provenienza, devono essere adeguatamente indicate con segnaletica 
	verticale colorata e ben visibile.
 
	- Le tubazioni utilizzate per l’alimentazione degli scarichi dei servizi igienici 
	devono essere adeguatamente contrassegnate mediante apposita colorazione o altre 
	modalità di segnalazione.
 
Art. 10
Modalità di riutilizzo
	- Il riutilizzo irriguo di acque reflue recuperate deve essere realizzato 
	con modalità che assicurino il risparmio idrico e non può comunque superare 
	il fabbisogno delle colture e delle aree verdi, anche in relazione al metodo 
	di distribuzione impiegato. Il riutilizzo irriguo è comunque subordinato al 
	rispetto del codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro 
	per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, n. 86. Gli apporti di 
	azoto derivanti dal riutilizzo di acque reflue concorrono al raggiungimento 
	dei carichi massimi ammissibili, ove stabiliti dalla vigente normativa nazionale 
	e regionale, e alla determinazione dell’equilibrio tra il fabbisogno di azoto 
	delle colture e l’apporto di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, 
	ai sensi dell’allegato VII, parte AIV del decreto legislativo n. 152 del 1999.
 
	- Nel caso di riutilizzi multipli, ossia per usi diversi quali quelli irrigui, 
	civili e industriali come definiti dall’articolo 3, o con utenti multipli, il 
	titolare della distribuzione delle acque reflue recuperate cura la corretta 
	informazione degli utenti sulle modalità di impiego, sui vincoli da rispettare 
	e sui rischi connessi a riutilizzi impropri.
 
Art. 11
Monitoraggio delle attività di riutilizzo
	- Il titolare della rete di distribuzione effettua il monitoraggio ai fini 
	della verifica dei parametri chimici e microbiologici delle acque reflue recuperate 
	che vengono distribuite e degli effetti ambientali, agronomici e pedologici 
	del riutilizzo. L’autorità sanitaria, nell’esercizio delle attività di prevenzione 
	di propria competenza e in relazione a quanto stabilito dall’articolo 4, comma 
	2, valuta gli eventuali effetti igienico-sanitari connessi all’impiego delle 
	acque reflue recuperate.
 
	- I risultati del monitoraggio sono trasmessi alla regione con cadenza annuale.
 
Art. 12
Rapporti tra i titolari degli impianti di recupero e delle reti di distribuzione
	- Le regioni possono stabilire appositi accordi di programma con i 
	titolari degli impianti di recupero delle acque reflue e i titolari delle 
	reti di distribuzione, anche al fine di prevedere agevolazioni ed 
	incentivazioni al riutilizzo, ai sensi di quanto disposto nell’articolo 
	26 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
 
	- L’acqua reflua recuperata è conferita dal titolare dell’impianto di recupero 
	al titolare della rete di distribuzione, senza oneri a carico di quest’ultimo. 
	Nel caso di destinazione d’uso industriale di acque reflue urbane recuperate, 
	sono a carico del titolare della rete di distribuzione gli oneri aggiuntivi 
	di trattamento, sostenuti per conseguire valori limite più restrittivi di quelli 
	previsti dalla tabella allegata al presente regolamento, al fine di rendere 
	le acque idonee alla predetta destinazione d’uso.
 
	- Nel caso di acque reflue industriali recuperate per destinazione d’uso esclusivamente 
	industriale, sono a carico del titolare della rete di distribuzione gli oneri 
	aggiuntivi di trattamento, sostenuti per conseguire valori limite più restrittivi 
	di quelli previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5 del decreto legislativo n. 
	152 del 1999 ovvero stabiliti dalle regioni ai sensi dell’articolo 4 del medesimo 
	decreto.
 
	- Il soggetto titolare della rete di distribuzione fissa la tariffa relativa 
	alla distribuzione delle acque reflue recuperate.
 
Art. 13
Informazione
	- Le regioni trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio 
	i dati conoscitivi e le informazioni relative all’attuazione del presente regolamento, 
	anche sulla base dei monitoraggi effettuati ai sensi dell’articolo 7, 
	secondo le modalità indicate nel decreto di cui all’articolo 
	3, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 1999.
 
Art. 14
Norme transitorie
	- Per un periodo di tre anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del 
	presente regolamento, le autorizzazioni di cui all’articolo 6 possono prevedere, 
	in caso di riutilizzo irriguo, per il solo parametro Escherichia coli, una deroga 
	ai limiti previsti dalla tabella allegata al presente regolamento, fino a 100 
	UFC/100 ml, da riferirsi all’80% dei campioni, con un valore massimo di 1000 
	UFC/100 ml. Il presente comma si applica esclusivamente a condizione che nelle 
	aree di origine delle acque reflue e in quelle ove avviene il riutilizzo irriguo 
	non sia riscontrato un incremento, nel tempo, dei casi di patologie riconducibili 
	a contaminazione fecale.
 
	- I titolari delle reti di distribuzione devono, in tal caso, rispettare le 
	seguenti condizioni:
	
		- il metodo irriguo non deve comportare il contatto diretto dei prodotti 
		edibili crudi con le acque reflue recuperate;
 
		- il riutilizzo irriguo non deve riguardare aree verdi aperte al pubblico.
 
	
	 
	- L’autorità competente è tenuta a dare comunicazione delle autorizzazioni 
	che prevedano la deroga di cui al comma 1 all’autorità sanitaria.
 
Art. 15
Disposizioni di salvaguardia
	- Sono fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale 
	e alle province autonome di Trento e Bolzano, che provvedono alle finalità del 
	presente regolamento in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme 
	di attuazione.
 
Il presente regolamento, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella 
Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo 
a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Roma, 12 giugno 2003
Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio Matteoli
Il Ministro delle politiche agricole e forestali Alemanno
Il Ministro delle attività produttive Marzano
Il Ministro della salute Sirchia
 
Allegato
Requisiti minimi di qualità delle acque reflue recuperate all’uscita dell’impianto 
di recupero
	- Fermo restando quanto stabilito dall’art. 4, ai fini del riutilizzo irriguo 
	e civile, le acque reflue all’uscita dell’impianto di recupero ai fini del riutilizzo 
	devono essere conformi ai limiti riportati nella tabella del presente allegato 
	nel rispetto di quanto stabilito nei seguenti paragrafi.
 
	- Qualora le regioni abbiano stabilito in ambito locale, per le acque destinate 
	al consumo umano, ai sensi degli
	articoli 13 e 
	16 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, valori limite superiori 
	a quelli riportati in tabella del presente regolamento, le autorità competenti 
	possono autorizzare il recupero di acque reflue conformemente ai suddetti limiti. 
	Per le sostanze di cui all’allegato 1 parte C del decreto legislativo n. 31 
	del 2001, le autorità competenti possono autorizzare il recupero delle acque 
	reflue sulla base dei valori delle acque destinate al consumo umano.
 
	- Nelle acque all’uscita dell’impianto di recupero, fatto salvo quanto previsto 
	al paragrafo 2, i limiti per pH, azoto ammoniacale, conducibilità elettrica 
	specifica, alluminio, ferro, manganese, cloruri, solfati di cui alla tabella 
	dell’allegato rappresentano valori guida. Per tali parametri le regioni possono 
	autorizzare limiti diversi da quelli di cui alla tabella, previo parere conforme 
	del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, per le specifiche 
	destinazioni d’uso, comunque, non superiori ai limiti per lo scarico in acque 
	superficiali di cui alla tabella 3 dell’allegato 5 del decreto legislativo n. 
	152 del 1999; per la conducibilità elettrica specifica, non deve essere superato 
	il valore di 4000 \mu S/cm.
 
	- Nel caso di riutilizzo irriguo, i limiti per fosforo e azoto totale possono 
	essere elevati rispettivamente a 10 e 35 mg/l, fermo restando quanto previsto 
	all’art. 10, comma 1 relativamente alle zone vulnerabili da nitrati di origine 
	agricola.
 
	- Per tutti i parametri chimico-fisici, i valori limite sono da riferirsi 
	a valori medi su base annua o, nel solo caso del riutilizzo irriguo, della singola 
	campagna irrigua. Il riutilizzo deve comunque essere immediatamente sospeso 
	ove, nel corso dei controlli, il valore puntuale di qualsiasi parametro risulti 
	superiore al 100% del valore limite.
 
	- Per il parametro Escherichia coli il valore limite indicato in tabella (10 
	UFC/100ml) è da riferirsi all’80% dei campioni, con un valore massimo di 100 
	UFC/100 ml. Il riutilizzo deve comunque essere immediatamente sospeso ove nel 
	corso dei controlli il valore puntuale del parametro in questione risulti superiore 
	a 100 UFC/100ml.
 
	- Per il parametro Salmonella il valore limite è da riferirsi al 100% dei 
	campioni. Il riutilizzo deve comunque essere sospeso ove nel corso dei controlli 
	si rilevi presenza di Salmonella.
 
	- Il riutilizzo può essere riattivato solo dopo che il valore puntuale del 
	parametro o dei parametri per cui è stato sospeso sia rientrato al di sotto 
	del valore limite in almeno tre controlli successivi e consecutivi.
 
Valori limite delle acque reflue all’uscita dell’impianto di 
recupero
Nota 1. Tale sostanza deve essere assente dalle acque reflue recuperate destinate 
al riutilizzo, secondo quanto previsto al paragrafo 2.1 dell’allegato 5 del decreto 
legislativo n. 152 del 1999 per gli scarichi sul suolo. Tale prescrizione si intende 
rispettata quando la sostanza è presente in concentrazioni non superiori ai limiti 
di rilevabilità delle metodiche analitiche di riferimento, definite e aggiornate 
con apposito decreto ministeriale, ai sensi del paragrafo 4 dell’allegato 5 del 
decreto legislativo n. 152 del 1999. Nelle more di tale definizione, si applicano 
i limiti di rilevabilità riportati in tabella.
Nota 2. Il valore di parametro si riferisce ad ogni singolo pesticida. Nel caso 
di Aldrina, Dieldrina, Eptacloro ed Eptacloro epossido, il valore parametrico è 
pari a 0,030 \mu g/l.
Nota 3. Per le acque reflue recuperate provenienti da lagunaggio o fitodepurazione 
valgono i limiti di 50 (80% dei campioni) e 200 UFC/100 ml (valore puntuale massimo).
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