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INTRODUZIONE AL DIBATTITO DI

GUIDO PIRAN – Segretario Generale SICET

 

Mai come nella recente campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento nazionale, abbiamo assistito ad un dibattito in cui il tema casa ha assunto una così notevole rilevanza. Specie nelle ultime settimane della competizione politica si sentiva parlare, a proposito e a sproposito, di ICI, come se il problema casa in Italia fosse costituito dall’Imposta locale sugli immobili e non da una crisi abitativa caratterizzata da un’emergenza di notevoli dimensioni.

L’iniziativa di oggi, che  vede uniti i sindacati degli inquilini e le confederazioni CGIL CISL UIL, ha essenzialmente lo scopo di collocare correttamente il dibattito sulla “questione abitativa”, nel momento in cui il Governo, con il Decreto Legge 216 del 29 Settembre scorso, ha contribuito a dare una svolta in positivo alla gestione dell’emergenza sfratti.

Il giudizio positivo, che esprimiamo convinti sul decreto di regolazione degli sfratti, non ci distrae da una, altrettanto convinta, espressione critica nei confronti del Governo, che, nel giorno stesso in cui promulgava il decreto in questione, presentava la legge finanziaria per il 2007 all’interno della quale la crisi abitativa semplicemente non è considerata.

Gli aspetti più evidenti di criticità si riscontrano nei prezzi molto alti dell’offerta abitativa e nella tipologia stessa dell’offerta, dalla quale, ormai da oltre un decennio, sono assolutamente assenti investimenti pubblici. Anzi, in questo periodo di tempo l’offerta pubblica è andata riducendosi, a causa di accentuati processi di dismissione non compensati da adeguate iniziative di sostituzione del patrimonio venduto.

 

I prezzi alti delle locazioni, dovuti a cause legate alle dinamiche dei mercati finanziari, a distorsioni presenti sul mercato immobiliare italiano, (ad esempio la speculazione organizzata ad arte per costituire plusvalenze ed extra-rendite dai cosiddetti amici del quartierino), sono da imputare al vento liberista che ha ispirato il legislatore nella modifica delle norme di governo del territorio dalle quali mancano espressamente indicazioni sulla  disponibilità di aree a favore dell’edilizia economica e popolare, e nella legge 431/98 di riforma delle locazioni, entrambi i provvedimenti a forte connotazione deregolatrice del mercato sono venuti a mancare efficaci strumenti di tutela sociale.

Quelli previsti dalla 431, oltre che avere difetti strutturali, sono inadeguati nella quantità (sussidio all’affitto). Mentre il doppio regime contrattuale è assolutamente disatteso dalla proprietà nonostante i forti benefici fiscali; ciò dovrebbe indurre il governo, che ha in animo di modificare in favore dei proprietari l’imposizione fiscale delle rendite immobiliari, a meditare con attenzione i provvedimenti prima di commettere ulteriori errori.

 

Non serve essere dei grandi sociologi per sapere che la domanda abitativa in affitto, nel nostro Paese è in massima parte costituita dalle famiglie a più basso reddito. Né può essere diversamente, vista l’alta diffusione in Italia della proprietà della casa di abitazione principale, fenomeno sostenuto per un lungo periodo da possenti interventi pubblici sotto varie forme. La popolazione che abita in affitto è quantificata in circa cinque milioni di nuclei famigliari, di cui quasi un milione occupa alloggi pubblici e gli altri, per dirla con un eufemismo si confrontano col mercato. Un mercato del tutto strano quello italiano della locazione, infatti, dopo la dismissione del patrimonio degli Enti previdenziali attraverso la cartolarizzazione e la vendita quasi totale del patrimonio delle assicurazioni, le grandi proprietà sono ridotte al lumicino, e per la casa è un po’come per il lavoro, dove nelle piccole aziende non opera l’Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori però vi sono contrappesi contrattuali, nel rapporto di locazione non esistono benché minime tutele .

Dobbiamo considerare che dal punto di vista della rendita non ci troviamo di fronte ad un mercato marginale. Per dare le dimensioni di quale trasferimento di risorse si sta parlando, ho fatto alcune proiezioni incrociando dei dati sulla ricerca annuale di Caritas Migrantes, ebbene i risultati sono i seguenti:

I canoni di locazione versati nel 2004 dai lavoratori stranieri regolari alle famiglie italiane sono stati pari a €. 10 miliardi, se fossero state pagate correttamente le imposte dirette, l’imposta di registro e le marche da bollo sui contratti, lo Stato Italiano avrebbe incassato € 3,25 Miliardi all’anno.  

Ho presentato questo esempio, che è parziale, ma esprime chiaramente i valori economici del mercato abitativo in affitto, per dire che non stiamo trattando un fenomeno dai connotati unicamente sociali e quindi leggibile unicamente dal lato dei costi, parliamo di un comparto che, se preso a sé stante e trattato come una partita di bilancio autonoma, potrebbe autoalimentare tranquillamente la spesa necessaria ad affrontare la fase emergenziale e finanziare la produzione di patrimonio pubblico necessario a rendere strutturale la presenza della pubblica amministrazione nel mercato delle locazioni.

C’è inoltre un aspetto di fondo da evidenziare, l’altissimo livello di evasione e di elusione fiscale da parte della proprietà edilizia, SUNIA SICET e UNIAT UIL si rendono disponibili a collaborare in modo fattivo con l’amministrazione dello Stato per combattere il fenomeno evasione, a patto che in cambio vi sia la disponibilità a destinare parte delle risorse provenienti dalla fiscalità di comparto a politiche abitative concordate.

Oggi l’emergenza abitativa nel nostro paese è rappresentata dalle circa 600.000 famiglie situate nelle graduatorie comunali in attesa di ottenere un alloggio di ERP, queste famiglie dispongono di un reddito netto annuo complessivo dell’intero nucleo inferiore a € 11.000, che ciò corrisponda alla realtà è accertato e certificato dai comuni.  È nostra convinzione che il fabbisogno sia superiore, perché vi sono ampie zone del Paese che non aggiornano le graduatorie da anni, nel frattempo:

·        si è accentuato il fenomeno migratorio;

·        si è ampliato il numero delle coppie che si sono separate;

·        il lavoro si è precarizzato e in molti nuclei famigliari il reddito si è ridotto;

·        sono aumentati i prezzi degli affitti e gli sfratti per morosità.

Una quota consistente di queste famiglie non sono e non saranno in grado di agganciare eventuali fasi di sviluppo economico, per motivi culturali e materiali che non indaghiamo oggi. L’unica possibilità che questo gruppo sociale avrà di beneficiare dei conti in regola e della ripresa economica sarà la maggior capacità di spesa che lo Stato dovesse destinare ai poveri.

Molti comuni non aprono bandi per l’accesso alle case popolari perché non hanno patrimonio da mettere a disposizione, però così facendo si annulla uno strumento di accertamento del bisogno utile per programmare politiche abitative serie.

Dal punto di vista delle risorse investite, negli ultimi 5 anni regioni e comuni hanno speso in media ogni anno un settimo delle risorse che venivano annualmente impiegate ai tempi della GESCAL, e dopo la legge 21 del 2001 non è stato  più stanziato un centesimo per le politiche abitative, occorre cambiare strada e nelle conclusioni fornirò qualche indicazione.  

Approfitto dell’occasione di oggi per proporre anche un’altra angolatura dalla quale traguardare le politiche abitative. Favorire un mercato dell’abitare in affitto a basso costo costituisce uno dei tasselli delle politiche di sviluppo del Paese coerente con le necessità di flessibilità e di mobilità del mercato del lavoro moderno. Dobbiamo chiederci se indurre i giovani, che intendono programmare un progetto di vita autonomo a indebitarsi per la vita per acquistare la casa sia un elemento di progresso. Considerando i redditi medi (l’Ires CGIL dice che in Italia i giovani fino a 35 anni di età hanno un reddito medio di € 900 al mese), vi sembrano compatibili il pagamento del mutuo per l’acquisto della casa e la costituzione di una pensione integrativa?

Anche con l’utilizzo del TFR chi ha oggi 30-35 anni dovrà investire quote ulteriori di risparmi se vorrà avere una pensione minimamente accettabile.    Sicuramente, se il costo dell’affitto rimane quello di oggi comperare casa diventa un sacrificio comprensibile, in moltissimi casi però significa quasi certamente rinunciare ad una pensione dignitosa. La soluzione, l’unica soluzione plausibile è una politica di offerta abitativa ad affitti bassi, cioè un forte intervento pubblico sul fronte delle politiche abitative. Non ci sono alternative!

Ho tentato di descrivere sommariamente il quadro che abbiamo di fronte, anche se incompleta l’analisi e gli esempi fatti ci offrono lo spunto per indicare la strada sulla quale indirizzarci, il periodo può essere fecondo e introdurci in un percorso virtuoso.

 

Dopo gli incubi della finanza creativa di Tremonti e Brunetta, vogliamo tentare strade costruite sulla concretezza e su queste misurare la reale volontà della maggioranza di governo di cambiare rotta, di uscire dalle illusioni di un liberismo miracolistico, che i miracoli li concede solo ai furbi e ai diversamente onesti.

Dopo molti anni un provvedimento del Governo offre strumenti per affrontare correttamente l’emergenza sfratti:

- individua in maniera puntuale i soggetti della tutela;

- indica ai comuni lo strumento della programmazione pluriennale per l’intervento sull’emergenza;

- indica lo strumento di gestione per la regolazione degli sfratti e il passaggio da casa a casa, prendendo ad esempio modalità già in atto da parte di Comuni importanti;

- semplifica le procedure per l’accesso alla tutela;

contemporaneamente, stabilisce un indirizzo strategico attraverso l’istituzione di un tavolo di concertazione nazionale col compito di avviare un piano complessivo sulle politiche abitative, attraverso la definizione di proposte normative, strutturali e fiscali per la normalizzazione del mercato immobiliare.

Sunia Sicet Uniat Uil unitamente alle Confederazioni CGIL CISL e UIL hanno dichiarato la propria condivisione dell’impostazione del decreto, proponendo solo alcune modifiche relativamente alle aree in cui applicare la tutela (comuni ad alta tensione abitativa), all’età da cui deve partire la tutela per gli anziani (65 anni invece di 70), e all’entità della dotazione finanziaria per favorire la definizione dei programmi comunali contro l’emergenza.

Dobbiamo essere convinti difensori dell’impianto originale del Decreto, in riferimento agli attacchi che provengono da molte parti, a tal fine si rende necessario costruire un movimento, che nei territori definisca con Regioni ed Enti locali i percorsi previsti dal provvedimento e ne garantisca la corretta applicazione.

In merito al tavolo di concertazione nazionale, le posizioni unitariamente condivise sono da tempo patrimonio delle organizzazioni promotrici dell’incontro odierno, le voglio qui ricordare molto schematicamente:

·        La modifica strutturale della legge 431/98 superando il regime contrattuale a canone libero e definendo un unico regime locativo a canone concordato tra le Associazione degli Inquilini, dei proprietari e i Comuni;

·        La modifica del trattamento fiscale sia a favore degli Inquilini concedendo la deducibilità del canone pagato, sia a favore dei proprietari tassando le rendite da locazione a tassazione separata.

 

La riforma dell’ERP individuando i livelli essenziali delle prestazioni di Welfare abitativo e in quell’ambito dare corso ad una normativa quadro di finanziamento dell’edilizia sociale, intervenendo anche sulle norme di governo del territorio attraverso la destinazione di aree a favore dell’ ERP e sulle normative per il recupero e la rigenerazione delle periferie e i quartieri degradati.

Infine l’istituzione dell’osservatorio nazionale delle politiche abitative e dell’emergenza, che operi in stretta collaborazione con gli osservatori regionali.

 

Avvicinandomi alla conclusione dell’intervento e favorire il dibattito che seguirà, intendo anche ricordare le proposte unitarie dei Sindacati degli Inquilini in previsione della Finanziaria 2007, proposte molto semplici e coerenti con i contenuti della proposta generale definita con le Confederazioni:

1.    L’aumento della dotazione per il Fondo Sostegno all’Affitto da € 212 Milioni a € 500 Milioni;

2.    L’abrogazione dei commi della finanziaria 2006 che prevedono la totale dismissione dell’ERP (il famoso programma Brunetta);

3.    L’istituzione all’interno del bilancio dello Stato di un capitolo destinato al finanziamento dell’Edilizia Sociale;

Da ultimo chiediamo, che la legge delega sul fisco assegni le competenze di modifica dell’imposizione fiscale sulle rendite da locazione al tavolo di concertazione sulla riforma della 431, insomma riforma dei fitti e trattamento fiscale degli stessi devono essere provvedimenti strettamente collegati.

E qui mi fermo, solo un ultimo invito rivolto agli onorevoli ministri, agli illustri rappresentanti delle Regioni e dei Comuni, ai graditi ospiti: oggi potrebbe essere l’inizio di un percorso riformatore atteso da milioni di famiglie, da voi ci aspettiamo l’impegno a percorrere di concerto la strada che voi stessi avete tracciato.