Documento finale

 

Una politica abitativa:

dall’emergenza alla programmazione

 

 

Il 5° Congresso Nazionale del SICeT approva la relazione della Segreteria nazionale, integrata dai contributi emersi dal dibattito, ed impegna gli Organismi dirigenti nazionali e le Strutture Regionali e Territoriali del Sicet ad attuare le indicazioni che sono riassunte nel seguente documento finale.

 

 

La crisi abitativa: le sfide e la prospettiva sindacale

 

Il Congresso individua la causa dell’attuale inasprimento della crisi abitativa italiana nel nesso tra due dinamiche convergenti: da un lato lo smantellamento accelerato del sistema delle tutele, con il vuoto di politica sociale e di protezione legislativa che è conseguito alla progressiva affermazione della pretesa neoliberista sul comparto della casa di questi ultimi anni; dall’altro lato la forte ripresa del ciclo speculativo immobiliare che, nelle principali aree urbane, stante le dinamiche di trasformazione economica e di riuso dei suoli in atto, aggrava le condizioni di svantaggio urbano e sociale ed intensifica i processi di segregazione e marginalizzazione territoriale.

 

 In particolare, sono di rilievo i seguenti fatti:

 

¾  la legge 431 ha portato a compimento la liberalizzazione del regime delle locazioni e lo smantellamento del sistema di regolazione e graduazione programmata degli sfratti, consentendo al settore privato dell’affitto di agganciarsi al ciclo speculativo, sicché, in assenza di limiti, il forte rialzo delle quotazioni nel mercato delle compravendite immobiliari si è trasmesso in pari grado nel mercato dei fitti;

 

¾  il comparto dell’edilizia sociale ha perso drasticamente efficacia, sia per effetto dell’esaurimento della finanza pubblica di settore, che ha reso impraticabile una purchessia politica d’offerta sociale minimamente proporzionata ai fabbisogni, sia in conseguenza dell’affermazione di una politica normativa nelle regioni tesa a riconfigurare il sistema dell’ERP e le sue finalità d’istituto, con l’obiettivo di trasformare la più parte degli alloggi in patrimonio a reddito, mentre sulla quota restante si manterrebbe una finalità socio-assistenziale per provvedere in via residuale ai bisogni della fascia d’utenza più svantaggiata o indigente;

 

¾  all’attuale inasprimento delle condizioni di disagio e d’esclusione si è pervenuti, non solo a causa dello smantellamento delle tutele dirette per l’accesso al sistema abitativo, ma anche per effetto di una concomitante demolizione dei vincoli pubblici nei processi di trasformazione urbana. Il progetto di legge nazionale sull’urbanistica dell’attuale maggioranza, se fosse approvato, chiuderebbe una lunga stagione di progressivo svuotamento del sistema delle regole per il governo pubblico del territorio, assimilando nella normativa le pretese di massima flessibilità e discrezionalità dei procedimenti decisionali, sovvertendo il rapporto tra decisione pubblica e iniziativa privata di trasformazione del suolo, cancellando gli standard urbanistici, intesi come garanzia del diritto alla sostenibilità urbana o del “diritto alla città” e, infine, scorporando in maniera innaturale la tutela dei beni culturali e del paesaggio dalla disciplina urbanistica;

 

¾  la crisi abitativa, soprattutto nelle grandi aree urbane è stata rafforzata dal dispiegarsi sul territorio di strategie di riuso dei suoli e di politiche urbanistiche finalizzate allo sviluppo della massima competitività e attrattività economica della città. Ciò ha inciso in misura rilevante sulla domanda abitativa, tanto sulla cifra dei fabbisogni quanto sulla loro struttura ed evoluzione, mettendo in evidenza il fatto che la mancanza di alloggi a prezzi accessibili è un problema che colpisce sì anche strati di ceto medio, catturandoli nell’area del rischio abitativo e della vulnerabilità, ma soprattutto moltiplica gli esclusi, innescando un meccanismo di ricollocazione selettiva della domanda svantaggiata in posizioni sempre più basse della scala del disagio.

 

Il quadro della crisi abitativa nel Paese è dunque grave e pone con urgenza a tutti i soggetti della rappresentanza, non solo di comparto, la necessità di ricostruire una strategia che parta dai diritti, per mettere in campo un’azione comune sulle questioni di fondo della politica di welfare abitativo nel nostro Paese, per un progetto di sviluppo urbano sostenibile e partecipato, passando dall’emergenza alloggiativa e urbana alla programmazione di una nuova politica sociale della casa e dell’abitare.

 

In tale prospettiva, il Congresso considera essenziale incardinare il proprio progetto di politica abitativa nella rivendicazione più generale della CISL sul welfare, ritenendo proprio la questione urbana e dell’abitare il punto di snodo per la promozione di reali processi di inclusione sociale e di sviluppo sostenibile.

 

 

Il progetto di politica abitativa del SICeT

 

Il Congresso individua nei seguenti punti le linee fondamentali per l’azione sindacale di tutela e di rappresentanza degli interessi e dei diritti abitativi primari dei soggetti che versano ancora in condizione d’esclusione e di grave disagio oppure sono spinti nell’area della vulnerabilità e del rischio abitativo.

 

1. La politica nazionale per un nuovo Welfare Abitativo. – Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, riveste importanza cruciale la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni di welfare per promuovere sul tutto il territorio nazionale processi di convergenza nello sviluppo dei sistemi locali d’offerta sociale, mantenendo in capo allo stato il ruolo di sintesi politica e di garanzia dell’ordinamento giuridico. In questo senso, occorre che la legislazione sulla casa assuma a pieno titolo, nell’ambito della definizione dei livelli essenziali, il «servizio pubblico all’abitare», sia sotto il profilo della necessaria qualificazione normativa dell’edilizia sociale come «servizio d’interesse generale», in osservanza del diritto comunitario in materia di aiuti di stato, sia rispetto al dispositivo di finanza pubblica da realizzare per il sostegno alle politiche abitative e di rigenerazione urbana.

 

Di qui la decisione del Congresso di assumere nella piattaforma e nell’iniziativa politica e di mobilitazione del SICeT verso Governo e Parlamento la rivendicazione urgente di una «legge-quadro nazionale» sui livelli essenziali delle prestazioni di welfare abitativo, con riferimento ai seguenti elementi:

 

     la definizione del contenuto essenziale del diritto alla fruizione del pubblico servizio abitativo di Edilizia Sociale e le condizioni per l’esigibilità delle prestazioni da parte dei cittadini;

 

     l’indirizzo generale della normativa per quanto attiene il regime dei beni e degli accessi nell’edilizia sociale, nonché le scelte di fondo sui modelli organizzativi del servizio, pur fatta salva la competenza propria del sistema regione/autonomie locali;

 

     la costruzione del sistema informativo sulle politiche sociali di welfare abitativo, con il funzionamento e lo sviluppo di specifici strumenti di sorveglianza sulla normativa regionale e il monitoraggio sulla composizione e l’evoluzione delle aree di disagio abitativo, attraverso l’«Osservatorio Nazionale per Casa» e il raccordo con analoghi strumenti istituiti a livello locale;

 

     la definizione di un atto programmatico («Piano nazionale degli interventi e dei servizi abitativi di Edilizia Sociale»), di durata pluriennale (come per il “piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali” previsto dalla legge 328/2000), che individui le strategie e gli obiettivi generali delle politiche abitative e di riequilibrio delle aree urbane e regionali in condizioni maggiormente critiche, mantenendo in capo al livello nazionale un’azione di regia e di monitoraggio della programmazione e attuazione degli interventi in sede locale, al fine di rendere efficaci e selettivi i canali e i riparti di spesa;

 

     l’istituzione di un «Fondo Nazionale per le Politiche Abitative» alimentato da una quota derivante dalla fiscalità generale, nonché dal prelievo sulle rendite e le plusvalenze realizzate nel settore immobiliare, tramite il quale garantire il finanziamento alle regioni dei programmi d’intervento, di specifici obiettivi di sviluppo del servizio, del regime delle compensazioni ai gestori per l’erogazione del pubblico servizio e, infine, del fondo per il sostegno affitti nell’edilizia privata, adeguando nel tempo i livelli di spesa alla cifra e alla composizione sociale dei fabbisogni rilevati in sede regionale e locale;

 

Nell’ambito della questione dei livelli essenziali, visti sotto il profilo del sistema delle tutele per la garanzia dell’accesso all’abitazione, il Congresso, nella chiara consapevolezza del fallimento irrimediabile della normativa vigente sulle locazioni private, ritiene fondamentale ed urgente la «riforma della legge 431», sulla base dei seguenti profili:

 

    un unico regime locatizio a canone “convenzionato” regolato dalla contrattazione collettiva fra le organizzazioni di rappresentanza, con una base normativa predefinita dalla legge che fissi le modalità e i tempi per la stipula degli accordi, i criteri per la determinazione dei limiti economici e i riferimenti di normativa contrattuale generale ai quali attenersi in sede di contrattazione;

 

    l’eliminazione dello sfratto per finita locazione e una regolazione delle procedure per l’esecuzione degli sfratti, con una graduazione e programmazione locale della concessione della forza pubblica in rapporto alle concrete possibilità di rialloggio delle famiglie, della tipologia e della cronologia del titolo di rilascio;

 

    i dispositivi sanzionatori per assicurare la stabilità alloggiativa, colpire lo sfitto e salvaguardare la legalità contrattuale e fiscale del rapporto di locazione, obbligando il proprietario in sede di convalida di un provvedimento di rilascio alla dimostrazione circa gli adempimenti fiscali per l’immobile, sospendendo il procedimento fino al versamento delle imposte dovute;

 

    il potenziamento della dotazione finanziaria da ripartire alle regioni del Fondo Sostegno Affitti per mantenere l’erogazione del contributo su livelli essenziali e significativi della prestazione: nell’immediato, attraverso poste di bilancio specifiche, senza ulteriori impieghi di eventuali giacenze residue dei contributi ex-Gescal, aggiungendo, a livello nazionale, le quote recuperate dall’emersione dell’evasione fiscale nel comparto abitativo privato e, a livello locale, gli introiti derivanti dalla maggiore imposizione ICI sugli alloggi sfitti e sulle locazioni ad uso abitativo in regime diverso da quello convenzionato; in prospettiva, attraverso le specifiche destinazioni del Fondo Nazionale per le Politiche Abitative da istituirsi con la legge-quadro.

 

Il Congresso, ritiene altresì debba essere introdotto un dispositivo a favore del conduttore affinché il canone di locazione corrisposto, risultante da un contratto regolarmente registrato, sia riconosciuto quale onere deducibile dal reddito complessivo.

 

In particolare, sul problema degli sfratti, stanti gli ultimi provvedimenti in materia che hanno finito per assumere la pretesa della proprietà di spostare interamente l’onere della gestione di un’emergenza sociale, dal mercato alla pubblica amministrazione oppure ai singoli soggetti colpiti, il Congresso impegna il SICeT, in vista della successiva conversione in legge del decreto n. 86, a mettere in atto tutte le opportune iniziative di informazione, mobilitazione e di pressione verso le sedi parlamentari, per evidenziare l’inutilità e il danno prodotto dalla nuova norma e per sollecitare la riformulazione del provvedimento al fine di ristabilire un sistema locale di regolazione e graduazione programmata degli sfratti.

 

 

2. Gli indirizzi di politica regionale per l’Edilizia Residenziale Pubblica. – Sul processo complessivo di (contro)riforma dell’erp che in questi anni, in sede locale, è stato avviato o è prevalso, attraverso l’esercizio dell’iniziativa legislativa e regolamentare delle Regioni, il Congresso ribadisce il giudizio fortemente critico e l’opposizione del SICeT,

 

    sia perché il modelli di politica abitativa che lo sostengono, centrati sull’idea  dell’autofinanziamento del settore, a garanzia della piena copertura dei costi della gestione aziendale e dei “costi” della socialità, puntano ad una trasformazione dell’erp verso una vieppiù marcata finalità economica del patrimonio, forzando il «regime dei beni» e  il «regime  degli accessi e dei canoni» ad un mutamento essenziale delle finalità d’istituto;

 

    sia perché la trasformazione dei gestori, nei modi che sono stati proposti e in parte attuati, spinge il comparto pubblico verso una conclusiva aziendalizzazione e/o privatizzazione della gestione che, oltre a non produrre alcun guadagno in termini di efficacia ed efficienza gestionale, compromette non solo l’uguaglianza degli utenti rispetto alla fruizione uniforme su tutto il territorio, in taluni casi persino nell’ ambito della singola regione, di un pubblico servizio, ma l’esistenza stessa del servizio abitativo pubblico;

 

    sia, ancora, perché la rinuncia al ristabilimento di un sistema di finanza pubblica per il settore e la scelta dell’autofinanziamento come sola alternativa allo smantellamento del canale sovvenzionato (fondi ex-Gescal), non solo creano un vuoto di politica d’«offerta sociale» per il fabbisogno di alloggi in affitto da destinare alla domanda in condizioni di più grave disagio, ma prefigurano il rilancio dei piani di vendita del patrimonio abitativo su larga scala come mezzo per acquisire risorse e governare la finanza aziendale.

 

In contrasto con un tale disegno di trasformazione del comparto pubblico, il Congresso conferma l’impegno del SICeT, anche attraverso le opportune iniziative di ricorso alla giurisdizione amministrativa, per la riforma delle normative regionali vigenti, con l’obiettivo di ripristinare, ove fossero compromesse dai dispositivi introdotti, le giuste finalità d’istituto della disciplina degli accessi e dei canoni, in coerenza con l’ordinamento generale del comparto, da riprecisare con la legge-quadro, e la destinazione sociale del settore pubblico come «servizio di interesse generale».

 

La proposta che il Congresso avanza per il coordinamento della piattaforma e dell’iniziativa politica e contrattuale regionale del SICeT, nell’ambito di un ordinamento di settore che ipotizza lo sviluppo della potestà legislativa delle regioni in materia d’edilizia pubblica sulla base di principi e indirizzi di legislazione nazionale (i livelli essenziali delle prestazioni di welfare abitativo), è di definire anche a livello regionale «leggi-quadro» di riforma organica dell’edilizia residenziale pubblica che:

 

     affermino la finalità sociale del patrimonio e il ruolo del comparto come pubblico servizio abitativo in ambito regionale;

 

     ancorino la riforma degli attuali Gestori al trasferimento della titolarità del patrimonio ai Comuni, fissandone contemporaneamente i vincoli di destinazione, come patrimonio indisponibile, a garanzia delle finalità sociali d’istituto per il pubblico servizio abitativo regionale, e in questo ambito si sancisca l’impegno per il blocco definitivo di ogni ulteriore progetto di vendita o altra modalità di dismissione del parco alloggi pubblico;

 

     determinino la normativa dei canoni e degli accessi per bacini d’utenza omogenei;

 

     prevedano una risposta al problema dell’abusivismo nell’edilizia pubblica che tenga conto delle occupazioni senza titolo attualmente esistenti per stato di necessità e di rilevanza sociale, introducendo in questi casi un dispositivo di sanatoria;

 

     sviluppino l’Osservatorio regionale sulla condizione abitativa per monitorare i fabbisogni sul territorio della Regione e dialogare con gli analoghi strumenti nazionali negli ambiti di programmazione e riparto della spesa;

 

     definiscano l’atto di programmazione regionale per lo sviluppo del servizio, precisando la “matrice” degli interventi in edilizia residenziale e l’organizzazione dell’offerta rispetto alle aree differenziate dell’esclusione, del disagio grave e della vulnerabilità abitativa, nonché gli strumenti di attuazione  e gestione, per garantire a ciascuna componente della domanda abitativa nel territorio la risposta più appropriata e un’intensità della protezione pubblica e della spesa coerente rispetto alla gravità dei bisogni e alle corrispondenti priorità sociali della politica di welfare;

 

     costituiscano un Fondo Regionale per il cofinanziamento dei programmi d’intervento e del regime delle compensazioni ai gestori per l’erogazione del pubblico servizio, integrando gli stanziamenti statali con quote annuali del bilancio della Regione (o quote del PIL regionale) e in parte ancora da una specifica tassa di scopo su base regionale;

 

In una logica di welfare municipale si porrebbe in capo al Comune la responsabilità della gestione unitaria della politica abitativa a livello locale, dal punto di vista edilizio, sociale ed urbanistico e i Gestori riformati assumerebbero il ruolo di gestori unici del patrimonio ERP, come enti strumentali dei comuni o di loro consorzi. Tale proposta oltre al vantaggio di unificare tutto il patrimonio di edilizia pubblica, toglierebbe la pressione fiscale sui costi di gestione, garantendo maggiori economie per una migliore conservazione del patrimonio.

 

 

3. Politiche di welfare abitativo locale per una città sostenibile. – Il Congresso, mentre rivendica nei confronti di Governo, Parlamento e Regioni, con la proposta di legge-quadro, la definizione dei livelli essenziali di welfare abitativo e il rilancio della programmazione per l’intervento pubblico di settore, indica nell’azione di contrattazione in ambito locale il momento e il luogo essenziali per la concreta realizzazione di politiche mirate all’accrescimento dell’offerta d’alloggi pubblici e con affitto sostenibile da destinare al superamento dell’emergenza e alla garanzia di accesso al sistema abitativo, ad una gestione urbanistica della città e del territorio coerente con gli obiettivi di sviluppo e inclusione sociale, di recupero delle periferie urbane e dei quartieri degradati, di tutela ambientale e di promozione della bioedilizia e, più in generale, per un progetto di «città sostenibile».

 

Il Congresso impegna le strutture del SICeT a sviluppare nei confronti delle istituzioni l’apertura di un serio e ampio confronto su questi temi, affinché si adottino modelli di pianificazione e progettazione partecipata, si aprano spazi di reale democrazia sui contenuti e la gestione degli interventi. In particolare, nelle aree metropolitane e nei maggiori poli urbani del paese, le piattaforme e l’iniziativa del SICeT di contrattazione e concertazione nel territorio occorre assumano la questione delle periferie come punto di snodo per un progetto di sviluppo urbano sostenibile e partecipato, attraverso la predisposizione di:

 

 

     «Piani Strategici per le Periferie» che individuino in modo generale, decentrato e integrato i problemi, le necessità e le risorse delle diverse periferie in crisi, al fine di promuovere effettivi processi di inclusione sociale nelle città;

     «Piani di Accompagnamento Sociale» per i quartieri popolari, integrando gli interventi di riqualificazione rispetto al recupero delle condizioni di marginalità e di esclusione sociale;

     il coinvolgimento e la partecipazione degli abitanti e delle associazioni locali, come attori competenti e protagonisti della trasformazione del proprio ambiente di vita, per la individuazione e definizione degli obiettivi e degli interventi in tutti i quartieri dove si prevedono interventi di “rivitalizzazione”.

 

In questo senso, considerata la vicenda dei Contratti di Quartiere II, che attualmente costituiscono la migliore opportunità in ambito locale per intraprendere “buone pratiche” di riqualificazione e rigenerazione urbana, il Congresso impegna gli organismi nazionali a sollecitare il Governo alla concessione di una proroga dei termini per la definizione dei progetti definitivi ammessi al finanziamento, allo scopo di favorire lo sviluppo di reali azioni partecipative e di coinvolgimento di tutti gli attori  locali.

 

 

Il progetto organizzativo

 

Il Congresso, rispetto ai compiti cui l’attuale difficile congiuntura chiama l’intera organizzazione, stanti:

 

     la riduzione e il progressivo disfacimento del sistema delle tutele, con la prevalenza di forme di assistenzialismo sussidiato;

     il rischio di un ripiegamento dell’attività e della rappresentanza sindacale verso forme di mera prestazione a sportello (FSA, domande per bandi Erp, anagrafe dell’edilizia pubblica, ecc…), in sostituzione alla pubblica amministrazione;

 

conferma e assume  l’obiettivo del rafforzamento del modello organizzativo del SICeT, al fine di coniugare efficacemente la tutela sindacale con l’azione di difesa e di rappresentanza collettiva in una strategia di welfare municipale, nella quale inscrivere il disegno di una nuova politica abitativa.

 

Il modello organizzativo del SICeT ha bisogno di sintonizzarsi con i cambiamenti in atto ed il decentramento amministrativo delle politiche abitative:

 

     portando a compimento, in tempi brevi e assumendo i risultati della consultazione sviluppata nell’organizzazione, il percorso avviato per il rinnovamento e il rilancio della funzione nazionale, come essenziale momento di progettazione, indirizzo e regia delle politiche di welfare abitativo, di coordinamento e integrazione dell’iniziativa  politica generale e dell’attività formativa;

     potenziando il ruolo dei livelli regionali e dei Territori, come “luoghi” essenziali del radicamento e sviluppo organizzativo, dell’iniziativa sindacale di tutela e rappresentanza e come presidi di “prima linea” delle politiche sociali di welfare;

     estendendo e irrobustendo la rete organizzativa su tutto il territorio nazionale.

 

Partendo da quest’assunto il Congresso ritiene essenziali, rispetto alla politica organizzativa da mettere in atto, i seguenti elementi:

 

     il tesseramento, per la cui crescita restano prioritari:

 

a)      il radicamento nell’area dell’edilizia pubblica, con il meccanismo della delega sindacale;

 

b)      il rafforzamento del rapporto con gli iscritti e la loro fidelizzazione, garantendo un’adeguata tutela individuale e potenziando la rete dei recapiti SICeT;

 

c)   lo sviluppo del rapporto con le strutture CISL, Categorie e CAAF-CISL, attraverso apposite convenzioni, nella chiarezza dei ruoli reciproci, affinché non si creino limitazioni all’attività di proselitismo SICeT.

 

Si conferma inoltre la validità del Bollino SICeT che resta la forma specifica per promuovere tra gli associati CISL la diffusione del servizio di assistenza abitativa;

 

     la formazione sindacale, da attuare attraverso un articolato programma che integri i percorsi formativi nazionali e regionali/territoriali allo scopo di promuovere la crescita delle capacità operative dei presidi organizzativi e dell’azione di rappresentanza nel territorio, nonché lo sviluppo, in modo omogeneo e diffuso, delle capacità dei gruppi dirigenti di gestire i processi di elaborazione, innovazione, concertazione e contrattazione delle politiche di welfare a tutti i livelli istituzionali di comparto;

 

     una distribuzione delle risorse che, per garantire efficacia, operatività delle strutture e sviluppo del proselitismo, deve:

 

a)      destinare alle “ prime linee” dell’intervento e dell’azione di rappresentanza (le strutture regionali e territoriali) una quota maggiore delle risorse provenienti dal tesseramento, intervenendo sulla ripartizione delle quote contributive;

 

b)      intervenire con adeguate azioni di sostegno e  accompagnamento sulle situazioni organizzative che ancora non riescono a superare la soglia minima degli iscritti per il passaggio dalla condizione di sportello per l’assistenza a quella di struttura per la tutela sindacale e l’azione collettiva di rappresentanza, attraverso progetti finalizzati al potenziamento che prevedano il ruolo essenziale di promozione e sostegno da parte delle UST e USR, sollecitando un  loro rinnovato impegno per la messa a regime dell’Accordo nazionale relativo ai Progetti specifici di sviluppo SICeT;

 

     il rapporto con la CISL, fondato sul patto di adesione, è, nella difficile congiuntura abitativa, il punto di riferimento costante, sia sul piano dell’iniziativa politica e di rappresentanza sia su quello organizzativo, per l’affermazione e realizzazione del progetto sindacale sul sistema dei diritti e di welfare abitativo nel nostro paese.

 Il Congresso è consapevole che per questo progetto è essenziale la costruzione di una nuova alleanza tra il mondo del lavoro e i soggetti della cittadinanza sociale e formula l’auspicio che, in questa direzione, si proceda con determinazione, sviluppando il coinvolgimento di tutte le strutture del “ sistema Cisl”; al riguardo, si sottolineano le seguenti considerazioni:

 

a)      il Bollino di preadesione costituisce e deve rappresentare sempre più un impegno comune nella prospettiva condivisa della costruzione della nuova confederalità;

b)      la  partecipazione a pieno titolo dei dirigenti SICeT negli organismi CISL deve essere generalizzata e a tutti i livelli ( territoriale e regionale);

c)      va superata, definitivamente, la visione, ancora presente in alcune Ust, del SICeT come servizio, senza autonomia organizzativa e politica, con il riconoscimento pieno  e senza limitazioni della presenza e della rappresentanza del SICeT.

 

Il Congresso, stante l’attuale fase e la prospettiva politico-sociale, rileva l’esigenza di una risposta unitaria da parte dell’intero movimento sindacale degli inquilini e impegna tutti i livelli dirigenti a ricercare e costruire le condizioni per risolvere, sulla base dei preminenti interessi dei soggetti sociali rappresentati, le pur rilevanti differenze di politica e strategia sindacali.

 

Il 5° Congresso Nazionale del SICeT impegna altresì gli organismi dirigenti ad una forte ripresa dell’iniziativa organizzativa, di rappresentanza e di mobilitazione a sostegno del progetto di politica abitativa scaturito dal Congresso.

Approvato all’unanimità