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Roma, 15 ottobre 2009
Assemblea Annuale
ANCI - Torino 7/10 ottobre 2009
Tavola Rotonda
9 ottobre 2009
“I Comuni per una nuova legge per gli affitti:
più certezze per i proprietari e gli inquilini,
più trasparenza per un mercato più attivo”
Intervento di Guido Piran
Ringrazio l’Anci e l’Assessore Tricarico sia per l’invito, sia per l’argomento
scelto per la discussione di oggi.
L’organizzazione che rappresento: SICET, da sempre ha criticato la legge 431 del
98 sulla disciplina dei rapporti di locazione privata, definendola inefficace a
gestire un mercato caratterizzato, tra l’altro, dalla illegalità dei rapporti,
oltre che dalla evasione ed elusione fiscale.
Caratteristiche negative imputate alla legge precedente: la 392/78 detta di equo
canone; accusata di essere eccessivamente regolatrice e poco rispettosa del
mercato. Evidentemente è il mercato immobiliare italiano ad essere poco propenso
al rispetto delle leggi, in quanto, benché in presenza della assoluta
liberalizzazione dei canoni, il fenomeno si è riproposto nelle stesse dimensioni
se non in dimensioni superiori.
Il fenomeno principale indotto dalla riforma delle locazioni è stato l’aumento
smisurato del costo dei fitti, che ha raggiunto quotazioni del tutto squilibrate
rispetto ai redditi degli inquilini. L’evidenza delle mie dichiarazioni sta nel
fatto che chi appena ha potuto, pur tra mille difficoltà, è uscito dalla
condizione di affittanza. Negli ultimi 10 anni 1.700.000 inquilini hanno
acquistato casa, a parte le circa 200/250.000 famiglie che hanno acquistato
dalle dismissioni delle grandi proprietà, degli Enti previdenziali, delle
banche, delle assicurazioni, dei comuni e degli IACP, la stragrande maggioranza
si è rivolto al mercato della compravendita a causa della coincidenza dei prezzi
tra affitto e mutuo, anzi in molti casi è costato meno il mutuo rispetto alla
pigione.
Sarebbe interessante sviluppare una indagine economica che valutasse quanto ha
inciso e incide questo fenomeno sulla riduzione dei consumi delle famiglie, che
per 25, 30 anni hanno messo il loro futuro in mano alle banche. Quanto reddito,
l’acquisto della casa distoglie dagli investimenti in formazione dei figli, in
tutela della salute, in previdenza complementare, ecc., e, per contro, quanto
sia rilevante rispetto all’argomento dello scudo fiscale l’enorme quantità di
danaro mobilitata dalle transazioni immobiliari degli ultimi quindici anni.
L’uscita dalla condizione di inquilino delle famiglie più solventi, ha fatto si
che a rimanere in affitto fossero quelle più povere, quelle maggiormente esposte
al rischio morosità, quelle per le quali è inderogabile un cambio di rotta della
politica abitativa in Italia e per le quali il Piano Casa del governo è
assolutamente indifferente. Essendo indirizzato quasi esclusivamente alla
proprietà, mentre quel poco in locazione avrà prezzi insostenibili ai più.
Se valutiamo la rispondenza della norma alle compatibilità sociali, la 431
dimostra tutte le sue maggiori carenze proprio sotto questo aspetto.
La liberalizzazione delle regole (il contratto a canone libero ha due sole
condizioni: la forma scritta e la durata 4+4, per il resto valgono le norme del
Codice Civile) nelle intenzioni degli estensori doveva essere compensata da una
forma contrattuale alternativa: di minore durata, a canone regolato dagli
accordi territoriali, con maggiori benefici fiscali per inquilini e proprietari,
e dal sussidio a sostegno dell’affitto. Entrambi questi ammortizzatori sono
stati resi inutili proprio dalle pubbliche amministrazioni, in particolare dai
governi nazionali, che non hanno mai convocato le parti per rinnovare la
convenzione nazionale e, gradatamente, hanno ridotto di due terzi rispetto
all’origine le risorse del fondo di sostegno all’affitto, quando nel frattempo
la domanda è quintuplicata.
Il canale concordato si dice non abbia funzionato a causa della poca convenienza
dei benefici fiscali a favore della proprietà, alla quale, essendo tassata con
l’aliquota marginale superiore, una riduzione dell’imponibile di circa il 30%
non basta.
La richiesta della lobby proprietaria e dei suoi rappresentanti in parlamento è
di applicare la tassazione separata come alle rendite finanziarie con aliquota
fissa al 20%. Il SICET, in mancanza della riforma generale della 431/98 è
contrario ad una simile proposta, per i seguenti motivi:
un intervento di semplice abbassamento delle tasse non risolve il problema della
regolarità contrattuale.
Senza correttivi sulla legge 431, la cedolare secca sui redditi da locazione
porterà benefici solo ad una parte degli attuali locatori virtuosi, cioè che
affittano con contratto regolare e dichiarano l’intera somma percepita.
Solo una parte, anche di quelli regolari, in quanto a detta dell’Agenzia delle
Entrate il 90% dei contribuenti italiani dichiara un reddito annuo inferiore a
€. 26.000 e il 30% inferiore a €. 10.000; un’aliquota secca del 20% sull’intero
ammontare del canone senza detrazioni o deduzioni, per molti proprietari
significherebbe più tasse delle attuali.
Nel 2007 al tavolo di concertazione nazionale sulle politiche abitative il
ministero delle entrate sosteneva che l’aliquota media applicata ai canoni era
del 23% (l’attuale aliquota minima) e l’ammontare medio dell’imponibile era di
circa €. 350,00 mensili.
Una diversa imposizione fiscale legata alla modifica sostanziale del rapporto
locativo, che trovi una reciprocità di convenienze anche per l’inquilino è la
strada che proponiamo anche noi dentro la riforma della legge attuale.
Dobbiamo però chiarire bene l’argomento della discussione odierna, cioè parliamo
della legge sulle locazioni abitative private, non di una legge che vada bene
per tutti i sistemi d’offerta.
Il SICET parte da un assunto di base:
“L’amministrazione pubblica non può assumere la tutela del minor bisogno se
prima non ha provveduto al bisogno più grave”.
Nella discussione sulla nuova normativa noi poniamo la condizione, che si tratti
di affitto privato, cioè di patrimoni costruiti senza benefici pubblici, deve
risultare chiaro che le locazioni relative a patrimoni abitativi costruiti con
l’intervento pubblico sono altra cosa, non si deve proseguire nella confusione
già presente nella definizione di alloggio sociale.
In molti casi si applica il canone di mercato (perché questo è il canone
concordato della 431) a patrimoni costruiti su aree 167, a cui sono stati fatti
sconti sugli oneri di urbanizzazione, e altre facilitazioni; o addirittura a
patrimoni pubblici di proprietà di regioni, comuni, Enti gestori dell’edilizia
pubblica costruita a totale contributo pubblico (perché anche i mutui dei comuni
sono pagati dalle tasse dei cittadini) e via di questo passo. Per tali patrimoni
serve una legge quadro sull’edilizia pubblica di cui spero parleremo al più
presto.
Quindi la riforma della legge sul regime delle locazioni private deve introdurre
nel mercato dell’abitazione in affitto un sistema di regole e istituti, per
ripristinare un equilibrio nella posizione contrattuale delle parti e
un’effettiva sostenibilità dei canoni, determinando:
a) l’intervento sui sistemi contrattuali di locazione per l’abitazione
principale, prevedendo un unico regime contrattuale a canone concordato valido
su tutto il territorio nazionale regolato dalla contrattazione collettiva. Una
convenzione nazionale stipulata tra associazioni dei proprietari e associazioni
dei conduttori, che fissi i criteri per la determinazione dei limiti economici
di canone, le cornici normative, le modalità e i tempi di stipula degli accordi
territoriali. Per favorire la moderazione dei canoni potranno essere introdotti
particolari benefici fiscali a favore dei locatori e degli inquilini.
In particolare per la proprietà la tassazione separata dei redditi da locazione
con l’applicazione di un’aliquota unica e per i conduttori la detrazione del
canone sull’esempio dei mutui ipotecari.
b) una durata contrattuale certa attraverso l’abolizione dello sfratto per
finita locazione;
c) un dispositivo per la graduazione e programmazione locale della concessione
della forza pubblica su tutti i provvedimenti di rilascio senza distinzione tra
finita locazione e morosità. I tempi della graduazione saranno stabiliti in
rapporto alla cronologia del titolo di sfratto e alla concreta possibilità di
rialloggio delle famiglie. Condizione per la presentazione della procedura di
sfratto deve essere la regolarità fiscale del contratto.
d) un sistema sanzionatorio nei confronti del locatore per patti contrari alla
legge.
e) la possibilità di introdurre regimi speciali del contratto a canone
concordato, opportunamente regolato dagli accordi integrativi locali, per
sistemi d’offerta abitativa con finalità di Housing Sociale nei quali i canoni
siano agganciati ai valori minimi degli accordi territoriali e applicati con
riferimento ai redditi degli inquilini. In questo caso dovrebbero concedersi
fiscalità di vantaggio a compensazione degli obblighi di servizio che il privato
locatore si assume. Questa modalità permette una maggiore chiarezza rispetto
all’idea di trasferire sull’ERP e sulla finanza pubblica compiti di provvista di
alloggi a canone sostenibile;
f) la dotazione annua del Fondo Sostegno all’affitto di uno stanziamento statale
pari a 500 milioni di euro da trasferire alle regioni, che devono individuare
modalità di assegnazione agli aventi diritto nell’anno di competenza.
In conclusione necessita modificare l’Art. 11 del decreto 112/08 e della
susseguente legge 133 stesso anno, allorquando discriminano dal diritto ai
benefici del piano casa e del Fondo Sostegno Affitti i cittadini extracomunitari
sulla base dell’anzianità di residenza.
Per noi il welfare deve essere universale e il suo accesso disponibile per tutti
i cittadini ufficialmente e regolarmente presenti sul territorio nazionale, è un
problema di civiltà dal quale in particolare un’istituzione come l’ANCI non può
derogare.