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Roma, 3 luglio 2009
IN ITALIA C’E’ FAME DI CASE MA 5
MILIONI SONO VUOTE
articolo di Guido Piran, Segretario Generale Sicet
pubblicato sul quotidiano "Avvenire" del 3 luglio 2009
Sempre più case senza persone e sempre più persone senza casa. Sembra un
paradosso ma in Italia la situazione abitativa è questa con oltre 5 milioni di
alloggi vuoti. Negli ultimi 10 anni si è costruito molto nel settore
residenziale ma allo stesso tempo sono aumentanti a livelli preoccupanti le
famiglie che stanno perdendo l’alloggio.
Il prossimo 30 giugno era prevista, slittata al 31-12-2009 la scadenza
dell’ultima proroga sugli sfratti: l’ennesima di una lunga serie. Questa
riguarda esclusivamente gli inquilini più deboli e solo per i provvedimenti per
finita locazione che rappresentano il 10% del totale. Questo sistema di tutela
non opera in tutto il Paese ma solo nei comuni capoluogo di provincia, in quelli
confinati con più di 10 mila abitanti ed in quelli definiti ad alta tensione
abitativa. I soggetti deboli per il blocco sono le famiglie con reddito
imponibile inferiore a 27 mila euro annui con la presenza di
ultrasessantacinquenni, invalidi, malati terminali portatori di handicap e
nuclei con figli a carico. Durante la sospensione gli inquilini oltre al canone
debbono pagare anche una maggiorazione del 20%.
I primi dati del Viminale di analisi del problema, ancora parziali mancando
all’appello ancora molti provvedimenti, segnano una forte crescita del fenomeno.
Nel 2008 gli sfratti convalidati sono stati quasi 54 mila, il 17% in più
rispetto al 2007. Quelli eseguiti: 25 mila con + 11% in più e le richieste di
esecuzione salite del 26% sono quasi 140 mila. Purtroppo a parere del SICET
questi dati già drammatici sono destinati a salire ancora per il 2009 con una
stima tra il 20 e il 30%. Analizzando alcune città. A Venezia, gli sfratti
emessi salgono del 261%. In Emilia, Modena vede un + 50% delle richieste di
esecuzione. Mentre a Roma il medesimo dato tocca quota 53 mila che segna un +
171%. Dati preoccupanti a Napoli con 1800 esecuzioni di sfratto e la Puglia dove
l’emergenza è più marcata con aumenti a tre cifre. Palermo e Catania ai primi
posti in Sicilia con rispettivamente 1700 e 2400 sfratti.
Questo fenomeno della morosità è il risultato dell’assenza di politiche
strutturali ai vari livelli istituzionali sull’offerta abitativa e la continua
introduzione di norme contingenti ed emergenziali ha solo spostato in avanti il
problema complessivo della casa senza, salvo qualche sporadico tentativo,
affrontarlo in maniera strutturale.
Infatti la questione degli sfratti deve essere analizzata in un contesto più
generale che riguarda complessivamente la questione abitativa. Il quadro è
legato al fortissimo differenziale tra la domanda di un alloggio da parte delle
famiglie più deboli del Paese sul piano economico e l’offerta attuale,
completamente slegata da queste dinamiche, essendo ancorata esclusivamente alle
richieste di rendimento che ha il mercato.
I problemi sono quelli dell’edilizia pubblica in cui si va a collocare la
domanda di alloggi dei nuclei più deboli 650 mila ogni anno e la cronica assenza
di risposta. Gli affitti privati che presentano un modello duale
liberistico-contrattuale dove le condizioni normative e di convenienza fiscale
fanno prevalere il primo. Ed è in questo settore che sono rappresentate le
maggiori disfunzioni del sistema dove, nello sfratto, è assente qualsiasi
modello di accompagnamento sociale. Gli inquilini sfrattati vengono lasciati a
se stessi, salvo pochi fortunati in cui il comune abbia le condizioni di trovare
una soluzione.
Nella crisi è cresciuta l’incidenza dell’affitto sul reddito delle famiglie che
nelle città metropolitane vede una percentuale che va tra il 50 e il 70% e
conseguentemente lo strumento del fondo sostegno per la locazione è sempre più
inefficace. I motivi sono legati ad una fortissima riduzione dell’intervento
statale che in 10 anni ha visto dimezzare i finanziamenti. Ma anche il ruolo di
comuni e regioni, tranne qualche caso virtuoso come quello Lombardo, ha visto
questi enti assenti nel cofinanziare il sistema, oltre a tempi di erogazione
biblici, in ritardo di parecchi anni.
La questione complessiva degli sfratti e del sistema dell’affitto penalizza
pesantemente le famiglie italiane. Ricordando che nel settore dell’affitto sono
collocate quelle con i redditi più bassi: oltre il 66% ha un reddito familiare
inferiore a 20 mila euro annui. La morosità aumenta in un sistema di mercato che
negli ultimi 10 anni ha visto crescere i canoni del 135%. Con un canone medio
per una locazione in essere di 750 euro mese e una richiesta media del mercato
di 1.150 euro mese.
Ma il problema della casa e i redditi in forte diminuzione stanno penalizzando
in particolare i giovani e gli anziani. Per i primi, con le difficoltà
nell’entrata nel mercato del lavoro, non è ipotizzabile una casa in proprietà.
Ma il caro affitti non gli consente poi di costruirsi un progetto di vita
autonomo dai genitori, attraverso una nuova famiglia, ma nemmeno di realizzarsi
sul piano professionale, in quanto nei territori a maggior disponibilità di
occupazione, i canoni raggiungono livelli pari o di poco inferiori ai salari
percepiti. Per la media dei pensionati l’affitto poi rappresenta la maggior
difficoltà, impedendo loro di poter condurre una vita serena e dignitosa.
Moltissimi gli anziani che ogni giorno si trovano con il dilemma tra risparmiare
per l’affitto o poter acquistare la spesa. Lo sfratto rappresenta per loro
sempre un dramma che anche nel caso di soluzione li segna per il futuro. Ma
anche per le famiglie in crisi che si separano la casa è una difficoltà
insormontabile con la necessità di riuscire a trovare per il coniuge non
assegnatario una abitazione accessibile al reddito.
La motivazione principale dello sfratto si è completamente rovesciata negli
ultimi 10 anni. Dalla necessità del proprietario e dalla finita locazione si è
passati oggi alla quasi totalità per morosità. Su questo fenomeno è necessario
che Governo e Parlamento si interroghino per comprendere la trasformazione
avvenuta, con un mercato dell’affitto non regolato che ha impoverito oltre 5
milioni di famiglie italiane e che oggi con la crisi non sono in grado di poter
pagare gli affitti privati richiesti. Ed è su questo che oggi bisogna
intervenire. Non basta solo una proroga degli sfratti che sposti ancora una
volta il problema di sei o dodici mesi e solo per qualche migliaio di famiglie
indigenti e malate. Intervenire seriamente significa che in una fase eccezionale
dell’economia servono anche negli sfratti misure eccezionali. La proroga deve
essere allargata anche alla morosità altrimenti non serve a nulla. Vanno poi
programmati interventi strutturarli sulle politiche abitative. Per ridurre gli
sfratti serve una nuova legge sulle locazioni private che abbia come modalità
contrattuale quella del canone concordato. Accompagnata dalla detrazione del 50%
del canone per l’inquilino, con una fiscalità di vantaggio per il proprietario
attraverso una tassazione unica dei redditi da locazione. Deve poi essere
allargata l’offerta delle abitazioni di edilizia residenziale pubblica con un
programma pluriennale, iniziando dall’immediato trasferimento alle regioni e ai
comuni dei fondi per l’emergenza abitativa per gli sfrattati: i 550 milioni di
euro previsti nel 2007 con la legge 9, che efficacemente coniugava sospensione
dei provvedimenti e programmazione delle soluzioni abitative. Serve anche una
inversione al taglio dei contributi per l’affitto con una dotazione di almeno
500 milioni di euro.
Solo una serie di misure di contrasto al disagio abitativo come quelle indicate
potrà permettere al Paese di non dover discutete tra sei mesi ancora di una
proroga degli sfratti e iniziare a superare l’emergenza abitativa.