Roma, 4 settembre 2008

La legge sulla sicurezza, possibili implicazioni negative sul mercato dell’affitto
 

La norma contenuta nella legge sulla sicurezza che istituisce il reato di immigrazione clandestina, punisce anche quei locatori che affittano immobili a persone straniere, cioè provenienti da Paesi non aderenti all’U E, prive della necessaria autorizzazione a soggiornare in Italia, o meglio del permesso o della carta di soggiorno. La punizione prevista per i proprietari che concedono a titolo oneroso una casa ad un clandestino consiste nella confisca del bene e la messa all’asta dello stesso per finanziare l’attività di contrasto all’immigrazione clandestina. Inoltre se il Giudice dovesse riscontrare che il locatore dalla cessione onerosa dell’immobile ne ha ricavato un illecito profitto, si aggiunge una pena detentiva da 6 mesi a tre anni.
Da sempre il SICET sostiene la necessità di porre fine ai comportamenti illeciti di quei locatori, che traggono guadagno dallo sfruttamento dei clandestini costretti a pagare centinaia di euro a mese stipati in alloggi dalle situazioni igieniche e di sicurezza spaventose.
Il decreto e la legge di conversione però lasciano aperte interpretazioni, che rischiano di creare difficoltà anche ai lavoratori stranieri e le loro famiglie in possesso della documentazione regolare per poter risiedere e lavorare nel nostro Paese. In particolare la norma non chiarisce come deve essere considerato, ai fini della legge in esame, il cittadino extracomunitario che, scaduto il permesso di soggiorno ne rimane privo per un periodo (spesso di molti mesi), durante il quale l’unico documento che ne certifica la legale presenza in Italia è costituito dalla ricevuta dell’avvenuta richiesta di rinnovo. Si dirà che il Ministero dell’Interno nel recente passato ha diramato circolari a chiarimento e che la ricevuta certifica il diritto a risiedere e a lavorare per sé e la propria famiglia, ma il legislatore, nel momento in cui castiga, e duramente, i comportamenti illeciti avrebbe potuto definire meglio anche i termini della questione relativa a quelli leciti.
Confedilizia con una circolare interna consiglia i propri aderenti a tenere dei comportamenti molto restrittivi proprio nei confronti degli immigrati regolari, in particolare indica di stipulare contratti di locazione di tipo transitorio della durata massima di 18 mesi, comunque per un tempo non superiore al residuo di validità del permesso di soggiorno.
Il SICET non condivide tale indicazione, in quanto non considera le interpretazioni dello stesso ministero relativo ai periodi di vacatio del permesso di soggiorno. Dall’applicazione dei consigli di Confedilizia, alle famiglie immigrate deriverebbero difficoltà tali da impedire assolutamente una vita normale, impegnate come sarebbero a rinnovare permessi e a cambiare casa, e ai proprietari a cambiare continuamente inquilino.
Molto più serenamente il SICET ritiene che non serve farsi prendere dal panico, soprattutto sarebbe deleterio utilizzare la norma per creare ulteriori motivi di turbamento in un mercato già estremamente complicato. Esistono gli strumenti che permettono di affrontare il problema, sono i contratti di locazione (c.d. concordati) derivanti degli accordi territoriali, sarebbe semplice allargare e facilitare l’utilizzo di questa forma di locazione. Da sempre il SICET propone ai governi che si succedono una riforma approfondita della legge 431/98, potrebbe essere anche questa un’occasione per dare compimento a tale proposito. Il contratto concordato metterebbe al sicuro anche i proprietari in merito all’entità del canone da eventuali accuse di illecito profitto, in quanto gli accordi territoriali sono depositati presso i Comuni e, in molte situazioni, sono sottoscritti dai rappresentanti dell’amministrazione comunale. Lo ripetiamo, lo scopo della legge è di combattere l’illegalità non di aumentare il disagio di coloro i quali le leggi le rispettano.

Guido Piran – Segretario generale SICET nazionale
 


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