N. 1708
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori BUCCIERO, GRECO, IOANNUCCI, IERVOLINO, SERVELLO, BOBBIO
Luigi, GIRFATTI, DANZI, TREMATERRA, TATÒ, SUDANO, BRIGNONE, SEMERARO, MARANO, MEDURI,
BALBONI, SALERNO, MUGNAI, PELLICINI, DE CORATO, PONTONE e COLLINO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 SETTEMBRE 2002
Onorevoli Senatori. – L’esigenza di una riforma della disciplina del condominio è da decenni invocata da più parti.
Le motivazioni di tale esigenza sono dettate dall’inadeguatezza di un sistema
normativo ancorato al 1942, ove il fenomeno condominiale era legato a diverse esigenze
ed a modesti agglomerati urbani. La crescita esponenziale delle tipologie di abitazioni
ha ingenerato innumerevoli casi che hanno trovato una disciplina più dalle consolidate
pronunce giurisprudenziali che dal dettato normativo.
Si è inoltre constatato che la figura dell’amministratore condominiale, sempre più
qualificata, si è notevolmente trasformata fino a consacrarsi in una tipologia professionale
organizzata anche in forma societaria. L’attuale codice civile, giustamente ancorato
alla figura del mandatario, lascia alcuni spazi aperti che, a seguito di casi sempre
nuovi, danno adito a molti dubbi interpretativi che non giovano alla certezza del
diritto. La valorizzazione normativa di tale funzione, nel riconoscere – nei limiti
del possibile – la professionalità dei migliori amministratori, restringerà lo spazio
alle improvvisazioni.
Tali esigenze si dovranno coniugare con la salvaguardia degli interessi dei condomini
che risentono in prima persona dell’inadeguatezza e genericità normativa, con conseguente
aumento della litigiosità.
La presente proposta appare satisfattiva degli interessi di tutte le parti, andando
ad incidere sui meccanismi giudiziari, oggi ancora troppo lenti ed insoddisfacenti.
Per motivi di opportunità, si è operata un’integrazione del dettato normativo laddove
il vuoto creava incertezze e diversità di pensieri, mantenendo integre le parti
che hanno condotto, sia in dottrina che in giurisprudenza, a consolidate interpretazioni.
Certezza, controllo e mezzi giudiziari più rapidi sono, in sintesi gli obiettivi
del presente disegno di legge.
In ordine alle parti comuni (articolo 1117 del codice civile), è apparso da un lato
indispensabile ed opportuno ricomprendere nell’alveo delle «fondazioni» quelle parti
che, per struttura morfologica, destinazione ed utilità ne sono necessariamente
racchiuse ancorchè non previste dalla codificazione del 1942; dall’altro si è ritenuto
opportuno aggiornare l’antica immagine del condominio verticale, comprendendovi
anche la ormai consolidata realtà del condominio cosiddetto orizzontale.
In ordine all’articolo 1120 del codice civile si è ritenuto di chiarire l’assetto
originario del disposto normativo specificando che l’innovazione, nel consistere
in un alterazione e/o mutamento di destinazione del bene comune, si differenzia
dalla modifica, lasciando ferma la possibilità per i condomini di adottare delibere
con quorum ridotti in forza di leggi speciali. Si auspica in tal modo di
rendere omogeneo e quindi premiare l’intervento dell’Autorità giudiziaria, che aveva,
di fatto, ristretto in tal senso l’interpretazione dell’idea di innovazione consentita
o meno.
Una questione molto dibattuta riguarda la compartecipazione alle spese relative
alle scale da parte dei proprietari degli immobili situati al piano terreno, ovvero
dei locali che abbiano un accesso alla propria unità separato rispetto a quello
condominiale. Quanto ai primi è pacifico che essi debbano partecipare alla spesa
con riferimento all’articolo 1124 del codice civile sia pur con i noti criteri relativi
alla particolare posizione dell’appartamento interessato. Per quanto concerne invece
gli immobili sempre situati al piano terra ma con ingresso indipendente e autonomo,
si registrano pareri discordi. Sul punto si è condivisa la soluzione prospettata
dalla Suprema corte con sentenza n. 761 del 1979 che ha ritenuto i ridetti proprietari
tenuti «a concorrere alle spese di manutenzione dell’androne delle scale in rapporto
e proporzione all’utilità che anch’essi possono, in ipotesi, trarre quali condomini
e ciò sia avuto riguardo all’uso, ancorchè ridotto, che possono fare dell’androne
e delle scale per accedere – come è loro diritto – nei locali di portineria e al
tetto o lastrico solare, sia avuto riguardo all’obbligo ed alle connesse responsabilità
che anch’essi hanno quali condomini, di prevenire e rimuovere ogni possibile situazione
di pericolo che possa derivare all’incolumità degli utenti dall’inefficiente manutenzione
dei suddetti beni comuni». Appare pleonastico sottolineare che tale scelta di campo
risolverà anche le problematiche relative alla casistica circa l’esercizio del diritto
di voto o meno di tali proprietari nelle ipotesi di approvazione di lavori riguardanti
la manutenzione e la ricostruzione delle scale.
In merito all’articolo 1129 del codice civile, riaffermando il concetto secondo
il quale il mandato all’amministratore deve rivestire i caratteri dell’intuitus
personae, si è operata la necessaria e coerente scelta tesa a favorire – nell’ipotesi
di amministrazione condominiale in forma societaria – solo quelle in cui vi è la
prevalenza dell’elemento personale. Al contrario il sorgere di società di capitali
comporterebbe, nell’ipotesi di patologia del rapporto, l’eventualità per i condomini
di non poter percorrere efficacemente le strade tese all’acclaramento di responsabilità,
i cui risultati sarebbero probabilmente vanificati dal beneficio della responsabilità
limitata di cui godono le ridette società. Ovviamente la forma di società di persone
prescelta certo non impedirà a quest’ultima di garantire, all’interno della medesima,
una maggiore organizzazione di mezzi e di investimenti ferma restando la personale
responsabilità dei soci.
Nella nuova formulazione del terzo comma del medesimo articolo 1129 si è ribadito
un concetto desumibile dalle norme sul mandato ma che, nella prassi, crea diverse
interpretazioni posto che alcuni amministratori, dopo la revoca dell’incarico con
contestuale nomina del nuovo amministratore, chiedono ed ottengono compensi maturati
nel periodo occorrente al passaggio di consegne. Per quest’equivoco di base si è
potuto constatare, nella prassi quotidiana, come alcuni amministratori ritardino
scientemente il passaggio di consegne al fine di maturare illegittimamente compensi
non dovuti.
Nel nuovo quarto comma invece, prendendo atto della difficoltà di ottenere il rendiconto
dall’amministratore revocato prima della scadenza (in specie ove costui non vanti
eventuali crediti derivanti da anticipazioni personali), attese le difficoltà logistiche
che un’improvvisa revoca possa comportare per l’organizzazione dello stesso, si
è previsto un tempo congruo per consentire all’amministratore di predisporre il
rendiconto prima della scadenza naturale e con facoltà del condominio di prevedere
un compenso. Ovviamente restano invariati gli obblighi di consegna immediata di
tutti i documenti utili atti a consentire la gestione condominiale anche in costanza
di fenomeni di urgenza o comunque straordinari. Si è consapevoli che in via teorica
l’obbligo del rendiconto (anche nel caso di revoca prima del mandato) sarebbe incluso
tra i doveri dell’amministratore; pertanto, e sempre in via astratta, anche nell’ipotesi
di revoca di cui sopra, lo stesso sarebbe tenuto a presentare il rendiconto. Ma
nella realtà le cose stanno diversamente: infatti, numerosissime sono le situazioni
nelle quali il nuovo amministratore provvede a rimediare alla mancata presentazione
del rendiconto da parte del vecchio amministratore. Tale conseguenza è quasi sempre
accompagnata o da richieste di ulteriori compensi da parte del nuovo amministratore
o da un lavoro poco approfondito di controllo di vecchi carteggi e di «contabilità»
redatte con criteri misteriosi. Il buon senso fa comprendere che unico obiettivo
del nuovo amministratore è di chiudere alla meglio i conti del passato per rendere
esigibili i conguagli. Al contempo sono rare le ipotesi nelle quali questo lavoro
è eseguito con certosina precisione, a maggior ragione ove si pensi alla gratuità
di tale incarico. La facoltà dell’assemblea, prevista al quarto comma, potrà sicuramente
invogliare l’amministratore revocato prima della scadenza a rendersi più attivo,
rispettando gli obblighi previsti dalla legge, e di contro cristallizzare sul medesimo
eventuali responsabilità di natura contabile relativa alla sua gestione. L’assemblea,
ovviamente, potrà approvare o non approvare questo rendiconto, ma con la previsione
di cui al quarto comma aumenteranno le possibilità di presentazione da parte dell’amministratore
revocato prima della scadenza con la naturale conseguenza di colorare tali documenti
di una maggiore valenza probatoria per il rilievo di ulteriori responsabilità.
Nel nuovo sesto comma si sono volute tipizzare alcune ipotesi di «gravi irregolarità»
atteso che la genericità della norma ha fatto proliferare diversificate interpretazioni
a riguardo.
Le ipotesi sub lettere a), b) e c) sono quelle che hanno costituito,
in linea di massima, un univoco indirizzo giurisprudenziale a riguardo, ma che assurgendo
a tipizzazione normativa diminuiranno lo sforzo ermeneutico della magistratura investita.
Si vuole evidenziare in particolare il punto sub lettera c), che,
nella ratio della presente modifica, porterà implicitamente a variare delle
consuetudini errate, fonti di non pochi problemi sia in campo civile che in campo
penale.
Tralasciando la ben più grave ipotesi di una coincidenza del conto corrente personale
con quello del condominio, evidentemente indicativa di piena responsabilità, giova
sottolineare che molti amministratori, sia per un’apparente semplicità di gestione,
sia perchè indotti a tanto dagli stessi condomini, usano conti correnti unificati
ove confluiscono le quote di vari condomìni amministrati dagli stessi. Tale pratico
ma irregolare metodo è severamente censurato nel dettato del nuovo sesto comma dell’articolo
1129 del codice civile, posto che la confusione di patrimoni di diverse amministrazioni
condominiali potrebbe ingenerare la paralisi gestionale contemporanea di tutti i
condomìni. A tal proposito si ipotizzi un eventuale pignoramento presso terzi sulle
somme depositate nell’unico conto corrente, effettuato da un fornitore di un qualsiasi
condominio, che avrebbe l’effetto di paralizzare la disponibilità di tutte le altre
somme ivi depositate ed appartenenti ad altri condomìni, con gli immaginabili disagi
nonché i danni che ne conseguirebbero.
Nel settimo comma è ridata luce al registro per la nomina e per la revoca tenuto
dall’amministratore di condominio, fino ad oggi rimasto virtuale. Tale registro,
di proprietà del condominio amministrato, assurge ad una scrittura obbligatoria
che ha la funzione di descrivere cronologicamente la successione nel tempo dei vari
amministratori, la cui importanza pratica potrà essere utilmente esperita nei rapporti
con i terzi al fine di palesare i poteri di rappresentanza.
Nel medesimo comma si è imposto l’onere della comunicazione (rectius – variazione),
della nomina e della revoca dell’amministratore da parte di quest’ultimo alla camera
di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente. Tale comunicazione
sarà annotata quale variazione di dato collegato alla posizione del singolo amministratore
iscritto al registro degli amministratori condominiali (RAC).
In ordine all’articolo 1130 del codice civile si è ritenuto opportuno riaffermare
due princìpi a volte disattesi:
il primo riguarda il criterio da assumere per definire in quali e quante categorie classificare le spese sostenute. Questo non è un criterio contabile, bensì un criterio giuridico-tecnico, posto che, ove nulla disponga la legge, soccorre il regolamento o una delibera assembleare specifica, con la quale è consentito approvare specifici criteri di ripartizione in ordine a spese particolari non previste e, comunque, non preregolamentate. A tal proposito si è imposto il cosiddetto registro di contabilità (la cui funzione è già in essere presso la maggioranza degli amministratori), ove saranno aggiornate cronologicamente le singole quote di spese riscosse dai condomini, nonchè ciascuna spesa sostenuta. Il registro, pertanto, conterrà una sola colonna, così detta delle entrate, dove annotare le quote di spese riscosse, e tante colonne di spesa, ciascuna per ogni voce omogenea (ad esempio: assicurazione incendio e responsabilità civile; compenso amministratore e consulenti esterni; spese amministrative varie; manutenzione ordinaria; manutenzione straordinaria; compensi personale dipendente; contributi previdenziali ed assistenziali personale dipendente; accantonamento per trattamento fine rapporto; materiali di pulizia; illuminazione e lampade; forza motrice ascensore; consumi idrici; spese individuali; fornitura di combustibili per caldaia termosifoni; elettricità per forza motrice bruciatore caldaia; manutenzione impianto di riscaldamento, eccetera);
il secondo principio è quello della chiarezza del rendiconto di gestione. Per fare ciò non occorrerà impostare rendiconti sofisticati in quanto la contabilità condominiale non è rivolta alla rilevazione di fatti aziendali complessi quali i costi e i ricavi. Un rendiconto condominiale che usasse terminologie sofisticate, pur se contabilmente corrette, ovvero termini per addetti ai lavori di contabilità, non rispetterebbe la funzione di chiarezza con riguardo ai destinatari delle rendicontazioni. Tuttavia, è noto che alla fine di ogni gestione condominiale si riscontra l’esistenza di qualche condomino moroso nel versamento delle sue quote e, quindi, di qualche spesa ancora da erogare da parte dell’amministratore; in tale ipotesi, il rendiconto della gestione potrebbe assumere la forma semplicissima di una situazione di cassa e precisamente: più avanzo liquidità esercizio precedente in cassa; più conto corrente bancario e postale; più introiti per quote condominiali; più interessi maturati su conto corrente; meno pagamenti diversi.
Nella pratica è evidente la necessità che la chiusura del conto annuale evidenzi anche l’esistenza di crediti per quote condominiali non ancora incassate e di debiti per forniture di beni e servizi da saldare. Tale necessità trova la sua ragione nel necessario collegamento nel tempo dei rendiconti annuali.
Alla situazione di cassa, pertanto, andrà affiancata una situazione patrimoniale
che evidenzi, alla chiusura del conto, le disponibilità liquide, i crediti ed i
debiti.
In ordine alla norma regolante le impugnazioni delle delibere condominiali (articolo
1137 del codice civile), si è innanzitutto ritenuta necessaria l’eliminazione della
parola «ricorso» posto che le intenzioni del legislatore (da sempre disattese) davano
per scontato un sistema processuale più celere.
Nel corso degli anni si è pacificamente ritenuto che la citazione possa costituire
l’equipollente del ricorso e che, di fatto, sia anche il mezzo più idoneo a rispettare
i termini di decadenza. Tuttavia una sentenza isolata della Suprema corte e dottrina
minoritaria hanno da un lato esaltato un revirment dell’adozione del mezzo
giudiziale del ricorso, a pena di nullità (cfr. Cassazione, sentenza n. 6205 del
1997) e dall’altro si è ipotizzata una decadenza solo per gli atti di citazione,
sia pur notificati nei termini, ma iscritti a ruolo oltre i trenta giorni dalla
conoscenza della delibera impugnata.
In tale panorama, una norma chiara, che evidenzi la possibilità di impugnare le
delibere con atto di citazione notificato nei termini di decadenza, si è ritenuta
tutt’altro che superflua.
Ancora più incisivamente, al fine di determinare un’efficace tutela cautelare, si
è prevista, oltre alla già esistente fase in causam, una fase cautelare
ante causam che avrà il pregio di risolvere la querelle sulla inapplicabilità
del nuovo processo cautelare al cautelare tipico previsto dall’articolo 1137 del
codice civile. Inoltre questa fase preventiva e d’urgenza potrà costituire un più
veloce mezzo per ottenere rapidamente la sospensione della esecutività della delibera
impugnata, solo in caso di un pregiudizio irreparabile.
All’articolo 1138 si prevede l’introduzione dell’obbligo della sottoscrizione del
regolamento da parte di ogni votante alla assemblea.
L’analisi della prassi ha suggerito la modifica dell’articolo 63 delle disposizioni
di attuazione del codice civile nella parte in cui si riducono a tre i mesi superati
i quali l’amministratore potrà sospendere, al condomino moroso, l’utilizzazione
dei servizi comuni, rivolgendosi al magistrato solo nella ipotesi di omessa previsione
nei regolamenti.
La riduzione temporale e la possibilità, anche in assenza di previsione regolamentare,
di sospendere i servizi comuni – ove ciò sia possibile – permetterà agli amministratori
di tutelare più efficacemente i condomini adempienti.
Nell’articolo 64 delle disposizioni di attuazione, ove si regolamenta il tipo di
procedura e di provvedimento per la revoca giudiziale dell’amministratore, stanti
discutibili prassi di alcuni tribunali, non è apparso superfluo statuire il contraddittorio
delle parti nell’audizione in camera di consiglio.
Nell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione si sono introdotte tre modifiche
che decongestioneranno il contenzioso mirando alla certezza nel tempo delle delibere
assembleari.
In primo luogo, dopo aver degradato l’incompleta o mancata convocazione del condomino
a vizio annullabile e quindi soggetto alla decadenza del termine d’impugnativa della
delibera nei trenta giorni dalla conoscenza della medesima, si è riservata tale
possibilità solo ai condomini direttamente pretermessi e non a tutti. Lo scopo di
tale rilevante inversione, che tiene conto della più recente giurisprudenza (cfr.
Cassazione, sentenza n. 31 del 2000; tribunale di Milano, 27 settembre 2001, n.
10343) e della sciagurata prassi che vede il solito condomino litigioso paralizzare
la volontà assembleare eccependo, magari dopo anni, la non rituale convocazione,
è quello di premiare i partecipanti ed al tempo stesso evitare costosi giudizi.
Del resto il buon senso dovrebbe indurci a ritenere che un vizio di incompleta convocazione
non può diventare una spada di Damocle sulle decisioni del condominio e nel contempo,
un credito sine die del condomino, pronto ad usarlo alla prima occasione
e per altri scopi.
Il diritto alla informazione non sarà certamente lesionato da un meccanismo che
dà certezze sul futuro, ma che prevede, per i reali interessati a reclamare, un
termine decadenziale di trenta giorni.
In secondo luogo si è meglio regolamentata la possibilità, nell’interesse del condominio,
di tenere la seconda convocazione in più date, fermo restando che l’assemblea sia
stata validamente costituita, ci si perdoni il gioco di parole, alla prima riunione
tenutasi in seconda convocazione.
Intuibili i vantaggi: gli amministratori potranno convocare più riunioni con un
unico avviso e con molta probabilità riusciranno a discutere tutti i punti all’ordine
del giorno.
In terzo luogo si è ritenuto di dover statuire anche per il condominio il principio
di limitare l’uso delle deleghe e, nell’ipotesi di amministratore interno, limitare
il diritto di voto su determinati argomenti, quale l’approvazione dei rendiconti,
ed in ogni altra ipotesi ove sia manifestamente palese il conflitto di interessi.
Nella medesima direzione si è ritenuto di dover modificare il regime sanzionatorio
dettato dall’articolo 70 delle disposizioni di attuazione, in ordine alle infrazioni
al regolamento di condominio. In prima battuta si è attualizzata la somma prevista
nella norma portandola da lire 100 a euro 50. Successivamente si è prevista una
procedura che, nel medesimo tempo, contemperi molteplici esigenze. L’infrazione
pur essendo elevata dall’amministratore dovrà essere ratificata dall’assemblea che,
con la maggioranza di cui all’articolo 1136 del codice civile, potrà determinare
la quantificazione fino al massimo previsto indicato nel primo comma. Tale meccanismo
elimina e/o comunque riduce eventuali eccessi di zelo e/o abusi di potere da parte
dell’amministratore ma nel contempo offre a quest’ultimo un valido mezzo per colpire
in modo rapido e satisfattivo il condomino inadempiente. La casistica giudiziale
in ordine alle infrazioni al regolamento è numerosissima; tuttavia i tempi, i costi
ed i risultati ottenuti non sono sempre pregni d’effetti risolutivi.
Al contrario gli odierni meccanismi processuali frustrano, il più delle volte, l’iniziativa
dei condomini costretti a subire le angherie del condomino prepotente. In tale ipotesi
gli innumerevoli richiami verbali e/o formali dell’amministratore, o le dichiarazioni
di disappunto dei condomini in assemblea, non sempre sortiscono gli effetti sperati
nei confronti del condomino inadempiente.
Inoltre, anche nell’ipotesi d’azione giudiziaria non sempre le sentenze emesse dopo
lungo tempo sono rispettate, dando luogo ad incidenti d’esecuzione o a possibili
azioni in sede penale (ex articolo 650 del codice penale) i cui tempi e la
cui efficacia sono sotto gli occhi di tutti.
Le ridette problematiche, pertanto, potranno rapidamente essere risolte rivitalizzando
in modo idoneo i meccanismi del regime sanzionatorio. Ovviamente il condomino sanzionato
potrà proporre impugnazione della delibera assembleare, al solo fine di innescare
la legittimità del suo comportamento. Con tale norma si esclude pertanto la possibilità
di censurare la misura della sanzione, che sarà applicabile anche al nucleo familiare
del proprietario, del conduttore e del detentore dell’immobile. Nell’ultimo comma
si è opportunamente richiamato l’articolo 63 delle disposizioni d’attuazione al
fine di consentire l’agevole riscossione della sanzione irrogata.
Di assoluto rilievo appare la creazione di un registro degli amministratori condominiali
(RAC) presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, prevista
dall’articolo 71 delle disposizioni d’attuazione. L’iscrizione obbligatoria da parte
di tutti gli amministratori, anche di quelli che esercitano occasionalmente tale
mandato, prevede dei requisiti minimi e non è soggetta ad esami. Il facile accesso
all’iscrizione, tuttavia, viene ad essere pesantemente sanzionato in caso d’inottemperanza.
Gli amministratori dovranno comunicare alla camera di commercio le variazioni dei
dati relativi alle nomine e revoche degli incarichi svolti, con l’indicazione dei
complessi condominiali amministrati. La pubblicità del RAC assolve numerose aspettative:
in primis quella dei cittadini, che potranno effettuare un rapido controllo
sull’operatività dell’amministratore; in secondo luogo gli stessi amministratori
potranno qualificarsi puntando le loro scelte gestionali su determinate zone, attuando
il famoso principio del cosiddetto amministratore di quartiere. Tale meccanismo
potrebbe gradualmente selezionare il mercato fin troppo selvaggio e congestionato.
In ultimo, la pubblicità della notizia sugli incarichi svolti, nel poter dare immediati
effetti anche di natura fiscale, qualificherà sempre più le imprese maggiormente
organizzate.
Al fine di decongestionare, nonchè rendere efficace l’azione degli amministratori
in ordine alla tenuta d’informazioni necessarie allo svolgimento del proprio mandato,
si è attuata la modifica dell’articolo 7, terzo comma, numero 2), del codice di
procedura civile nella parte in cui attribuisce al giudice di pace la competenza,
qualunque sia il valore, delle procedure relative all’accertamento della titolarità
degli immobili per la corretta formazione del registro d’anagrafe condominiale previsto
dall’articolo 1130 del codice civile.
Appaiono pertanto visibilmente tracciati quei percorsi che, nell’ammodernare l’intero
sistema normativo del condominio, forniscono veloci strumenti attuativi per la miglior
gestione della cosa comune. Questa riforma sarà un valido strumento per gli amministratori,
i quali potranno dimostrare sul campo la propria professionalità selezionando l’attuale
mercato a tutto vantaggio dei condomini.
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