![]() |
NEWS |
Roma, 15 marzo 2012
CGIL-CISL-UIL PIEMONTE SUNIA-SICET-UNIAT PIEMONTE
EMERGENZA CASA IN
PIEMONTE
INTERVENIRE PER GARANTIRE IL DIRITTO
RELAZIONE
INTRODUTTIVA
Torino 28 febbraio 2012
In
Piemonte come in Italia la pesante crisi economica ha generato gravi conseguenze
in particolare per le fasce più fragili della popolazione, queste oltre alla
mancanza di lavoro e alla riduzione del potere di acquisto sono in forte
difficoltà anche per l'accesso e il mantenimento di una abitazione.
Infatti l'incidenza della spesa per la casa sul reddito complessivo è in
aumento, come sono fortemente aumentati gli affitti con la conseguenza di un
pesante incremento delle famiglie che non riescono a pagare i canoni e vengono
sfrattate, questo fenomeno non riguarda solo l’area metropolitana ma tutte le
province della nostra regione.
I dati sono impressionanti:
268.000 sentenze di sfratto emesse in Italia negli ultimi 5 anni, di queste ben
216.000 sono per morosità, con la crisi occupazionale che perdura non è
irrealistico prevedere altri 100.000 provvedimenti nei prossimi 3 anni, le
famiglie sfrattate sono cresciute del 61,7% dal 2001 al 2009, di queste l’83’9%
è stata sfrattata per morosità, a Torino le famiglie sotto sfratto arrivano a
3.000.
Il 70% delle famiglie che vivono in affitto hanno un reddito che non supera i
30.000 € lordi all’anno.
I bandi fatti nelle città italiane per l’assegnazione di una casa popolare hanno
visto la partecipazione di 650.000 famiglie, pochissime tra queste avranno un
alloggio pubblico. A Torino è in corso un nuovo bando per le case popolari,
circa 10.000 famiglie hanno partecipato all’ultimo bando del 2007, solo un
migliaio di queste si vedranno assegnare un alloggio.
Sul fronte dell’acquisto della casa, unica politica incentivata in questi ultimi
venti anni, la situazione non è migliore; le compravendite di alloggi e case nel
territorio nazionale sono passate da 816.308 nel 2006 a 617.286 nel 2010,
200.000 in meno e le ragioni sono evidenti e dimostrate dai numeri perché se nel
1965 una famiglia con redditi medio bassi acquistava una casa con 9 anni di
stipendi, nel 2011 quella stessa famiglia deve prevedere di usare gli stipendi
per 21 anni. La durata dei mutui è passata da 19,5 anni medi del 2004 a 23,2 del
2010, è del tutto evidente che non possono pensare all’acquisto le famiglie e/o
persone che debbano prevedere un’incidenza del mutuo superiore al 30% del
reddito, tra queste sicuramente i tantissimi giovani con lavori precari.
Le famiglie in affitto hanno redditi più bassi di quelle in proprietà. Almeno il
30% in meno, il capofamiglia è più giovane e per il 65% è nato all’estero o ha
la cittadinanza non italiana. La situazione reddituale più bassa delle famiglie
in affitto determina anche un’altra conseguenza, quella di vivere in alloggi più
piccoli di quelli in proprietà: 74 mq contro i 115 mq. Così come il valore degli
immobili locati è del 42% inferiore a quelli in proprietà 151.202 euro contro
258.900. Banca d’Italia stima un rendimento delle locazioni pari al 2,9%
sull’investimento, mediamente 4.500 euro all’anno con un aumento del 10% sulla
precedente rilevazione del 2008. Utilizzando come parametro del grave disagio
economico un canone o un mutuo superiore al 30% del reddito delle famiglie,
risulta che il 31% dei nuclei in affitto ricade nell’area di difficoltà. Mentre
è in questa situazione il 3% delle famiglie che ha stipulato un mutuo. Il
fenomeno del sovraffollamento riguarda gli inquilini per il 22,6% e i
proprietari per il 7,1%. Tale indicatore sale al 34% per gli stranieri.
Lo strumento del fondo sostegno affitti, previsto dalla legge 431/98, utilizzato
in questi anni da molte famiglie piemontesi per pagare i canoni ed evitare gli
sfratti è stato quasi azzerato, il trasferimento dello stato alla nostra regione
è sceso da 24 milioni di € a 819 mila €, per quest’anno la regione ha mantenuto
il suo cofinanziamento, ma nonostante questo impegno economico le restrizioni
introdotte alla partecipazione impediranno a molte famiglie di utilizzare un
aiuto concreto che in questi anni, lo ripetiamo, ha evitato tanti sfratti.
Le scelte di politiche fiscali fatte dai governi sulla casa sono sbagliate; il
governo Berlusconi ha deliberato la cedolare secca regalando alla proprietà, la
grande proprietà, 1,5 miliardi di € senza utilizzare questo strumento per
introdurre agevolazioni fiscali che favorissero l’incontro tra domanda e offerta
di alloggi privati come noi avevamo suggerito, anzi, “svuotando” le agevolazioni
fiscali per i contratti concordati.
L’introduzione dell’imu da parte del governo Monti peggiora la situazione. Come
sindacati aveva giudicato sbagliata la scelta di eliminare l’ici sulla prima
casa come aveva deciso il governo Berlusconi, prevedevamo seri problemi di
bilancio per i comuni e i fatti ci hanno dato ragione, ma l’introduzione dell’imu
senza dare margini di manovra ai comuni su possibili differenziazioni
contrattuali sulle locazioni, è un altro grave errore che va corretto.
Ed è anche gravemente sbagliato fare pagare l’imu all’edilizia pubblica,
concordiamo con la protesta unitaria di Federcasa, regione Piemonte e ANCI
contro questa decisione. Non ha senso finanziare l’edilizia pubblica con una
mano e togliere i finanziamenti con l’altra attraverso l’imposizione fiscale.
L’ultima “perla” è contenuta nel decreto liberalizzazioni, l’introduzione
dell’iva del 10% sugli affitti delle case pubbliche, certo ci sono ancora
discussioni su come applicare tale imposta ma questa c’è e graverà sui canoni
degli alloggi pubblici.
Abitare in una casa dignitosa è per noi un elemento centrale dello Stato
Sociale: per questo riteniamo che debba essere parte integrante delle Politiche
di Welfare, poiché incide sulla salute dei cittadini, giovani e anziani, sulla
condizione delle famiglie in particolare di quelle monoreddito.
E non si sottolineerà mai abbastanza che lo Stato Sociale non è soltanto una
assicurazione contro i rischi del mercato del lavoro. Ma è la pietra angolare
della democrazia. Perché se una persona non ha un lavoro e quindi un reddito,
non ha un tetto sulla testa, non può vestire e nutrire adeguatamente i suoi
figli, è piuttosto difficile aspettarsi che possa impegnarsi attivamente come
cittadino.
In Italia gli alloggi popolari mancano: l'edilizia sociale è ai minimi europei:
ci sono 4,5 abitazioni in affitto su 100. In Francia sono 17, in Svezia 21. Su
300.000 abitazioni costruite in Italia, solo 1900 sono in edilizia
sovvenzionata.
Di fronte a questi drammatici dati non è vero che non si può fare nulla, come
sindacati inquilini e confederali riteniamo che anche in un periodo come questo,
segnato da poche risorse economiche pubbliche disponibili si può e si deve
mettere in campo politiche.
Rilanciare una politica pubblica per la casa
Bisogna completare il piano dei 10.000 alloggi entro il 2012 avviato dalla
precedente amministrazione ed è necessario anche iniziare a programmare un piano
che intervenga dopo il 2012, (ricordiamo che la stessa Regione ha stimato un
fabbisogno di 40.000 alloggi pubblici) l’attuale piano, quando completato ne
finanzierà 10.000. Un primo passo che deve essere seguito da ulteriori. Per
completare il piano serve la conferma dei finanziamenti regionali che devono
essere concretamente erogati alle imprese che hanno aperto i cantieri, non
sospesi o ritardati creando enormi problemi di finanziamento alle aziende che
hanno partecipato al piano per i 10.000 alloggi. E’ anche necessario mettere in
campo delle forme di garanzia finanziaria nei confronti per le banche perché
diventa difficile costruire edilizia sociale anticipando interessi esagerati
alle banche che hanno prestato i soldi per consentire l’avvio dei cantieri, si
sta correndo il serio rischio che i cantieri aperti non riescano ad andare
avanti, con conseguenti problemi occupazionali.
La nostra preoccupazione sul completamento del piano per i 10.000 alloggi entro
il 2012 sta diventando certezza. Guardando la previsione di bilancio della
regione, in discussione proprio in questo periodo, ci siamo accorti che i
finanziamenti, anche quelli per completare il 2° biennio, non ci sono. Non va
bene! Se la casa è un pezzo decisivo delle politiche sociali non si può e non si
deve togliere o posticipare i finanziamenti già previsti e programmati che già
erano insufficienti.
Capiamo le difficoltà di questo periodo e ci sono note le difficoltà a reperire
risorse per la sanità, per l’assistenza, per i trasporti ecc. ma è sbagliato non
finanziare l’edilizia sociale. Inoltre la regione Piemonte, per dichiarazioni
del suo Presidente Cota, sostiene di avere la massima attenzione per gli
investimenti che creano occupazione, la scelta di taglio di bilancio operata
dalla regione metterà in gravi difficoltà molte aziende del comparto edile che
dipendono da questi interventi programmati. Chiediamo con forza un ripensamento
su questi tagli.
Se l’abitazione è un elemento centrale delle politiche di welfare come noi
riteniamo, non è possibile pensare che queste politiche si possano concretizzare
senza finanziamenti pubblici che possono però essere indirizzati.
Per incrementare il patrimonio pubblico va finanziato e incentivato maggiormente
l’acquisto di edilizia sociale sul libero mercato da parte dei comuni e ATC. Con
questa scelta si otterrebbero alloggi immediatamente disponibili, non si
consumerebbe territorio, sarebbe più gestibile il mix sociale.
Per avere successo in questa ipotesi di lavoro è necessario avviare il
confronto, censire il patrimonio di case esistenti vuote, ed esercitare
pressioni sui costruttori e i grandi immobiliaristi che hanno molti alloggi
vuoti che potrebbero essere messi a disposizione della domanda di casa in
affitto.
E’ poi necessario utilizzare lo strumento urbanistico. La Regione dovrebbe dare
indicazioni ai Comuni che le varianti ai piani regolatori prevedano edilizia
pubblica e/o convenzionata rapportata al fabbisogno evidenziato dai comuni
stessi, edilizia che vada nella direzione del risparmio energetico, della
riqualificazione urbanistica del territorio. Va evitato l’utilizzo di terreno
agricolo, bisogna utilizzare le aree dismesse che esistono in tutti i grandi
comuni.
Le politiche cosi dette di Housing Sociale non sono adeguate a dare risposta ai
bisogni dell'abitare per le fasce deboli: i progetti conosciuti propongono
affitti sostanzialmente uguali a quelli di mercato in quanto prevedono
rendimenti per gli investitori che non sono compatibili per affitti bassi.
Favorire la nascita di Agenzie sociali per la casa di livello comunale e sovra
comunale.
L'esperienza positiva di alcuni comuni tra cui Torino con l'Agenzia LOCARE deve
diventare a una prassi che riguarda tutti i comuni e le province a partire dai
più grandi. La Regione Piemonte ha le risorse per svolgere questo ruolo di
facilitatore/promotore, mettendo in campo risorse, finanziamenti e direzione
generale del processo, lo sta facendo, riteniamo che questo strumento, imitato
in molti comuni italiani, debba essere affinato.
Le agenzie sociali per la casa devono favorire l’incontro tra domanda e offerta
di alloggi privati in locazione a prezzi decisamente inferiori a quelli di
mercato. Per ottenere risultati è necessario:
• Estendere gli accordi territoriali previsti dalla legge 431/98 su tutto il
territorio regionale con accordi provincia per provincia, per consentire la
stipula dei contratti concordati ovunque (solo questa modalità contrattuale va
incentivata) considerando che questi contratti hanno canoni inferiori al mercato
e regole certe.
• Realizzare una politica fiscale che renda accattivante questa soluzione per i
proprietari
• Chiedere ai Comuni di agire sulle aliquote IMU penalizzando gli alloggi vuoti
e azzerando l’ICI su quelli locati con queste modalità. Il finanziamento
regionale per le agenzie è utilizzabile solo dai comuni che interverranno
sull’IMU e che, parallelamente, prevedano uno sviluppo urbanistico che non
consuma “terreno buono” ma che prevede nei piani regolatori e nelle varianti ai
piani, anche edilizia sociale.
• Approvare una norma regionale più stringente sui vantaggi pubblici che, a
seguito di operazioni immobiliari, devono essere ceduti per garantire una
provvista pubblica di aree e quote volumetriche sul costruito e recuperato da
destinare all’edilizia residenziale pubblica.
• La regione può anche ipotizzare un intervento sulla quota di competenza irpef
per facilitare le politiche d’incontro tra domanda e offerta tramite le agenzie
LOCARE.
• Istituire un fondo di garanzia a tutela dei proprietari che agisca
preventivamente, prima cioè che l’inquilino diventi moroso e subisca lo sfratto.
L’unico modo possibile è quello di sostituirsi all’inquilino che dimostra di
avere un calo del reddito familiare, nel pagamento degli affitti prevedendo un
massimo di dodici mensilità, (si può anche prevedere un pagamento diretto, dei
canoni e spese, al proprietario come già avviene per gli incentivi).
• Utilizzare una parte dei fondi stanziati per le agenzie LOCARE, per costruire,
con il supporto delle fondazioni bancarie, un fondo per prestiti a interessi
zero per le famiglie in difficoltà temporanea a pagare l’affitto.
Bisogna mantenere e incrementare il fondo per il sostegno affitti ritenendo
questo un sostegno decisivo per le famiglie in affitto a basso reddito.
(paragonabile agli interventi operati dalla regione a favore dei disoccupati).
In Piemonte nel 2010 erano più di 30.000 le domande al fondo sostegno affitti,
nonostante le restrizioni di accesso già introdotte.
Ci rendiamo conto che stiamo chiedendo a tutti, regione e comuni, di continuare
a finanziare le politiche per la casa in un periodo di poche risorse, riteniamo
però di avere introdotto idee e fatto proposte innovative che possono consentire
di ottimizzare la spesa e di coinvolgere anche soggetti privati in una politica
per la casa.
Non sappiamo se le nostre proposte saranno condivise dalla regione e dai comuni,
abbiamo organizzato apposta questo convegno per confrontarci e per dare la
nostra collaborazione per far si che si concretizzino. La nostra preoccupazione,
che diventa ogni giorno che passa una certezza, è che su questo fronte
assisteremo a forti tensioni sociali e a forme di lotta inedite come quelle che
sono iniziate in Spagna a Madrid e a Barcellona dove gli “indignados” stanno
supportando e organizzando le famiglie senza casa a causa di sfratti e/o
pignoramenti, per occupare stabili vuoti di proprietà di banche e assicurazioni.
I sindacati confederali e inquilini ritengono che si possa ancora intervenire
adesso facendo politiche che possono mantenere questo pezzo decisivo dello stato
sociale. Se non ci saranno scelte rischiamo che i drammi della gente si
trasformino in rabbia con conseguenze difficili da prevedere.
Vi ringraziamo per la partecipazione e per l’attenzione e soprattutto per le
scelte che farete per delle politiche abitative efficaci che diano risposte ai
tanti che anche nella nostra regione sono senza casa o rischiano di perderla.