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Roma, 4 ottobre 2010
Il nostro
paese vive da tempo la crisi di un sistema abitativo che non riesce a dare una
risposta adeguata ad una domanda che, nel corso degli anni, è divenuta sempre
più complessa per composizione sociale, livelli di reddito, esigenze di mobilità
territoriali e qualità urbana ed edilizia.
Dietro alle punte di emergenza rappresentata dagli sfratti, ed in particolare
quelli per morosità, si nasconde una realtà ben più vasta fatta di numeri
assolutamente preoccupanti: 650.00 domande di edilizia pubblica inevase, circa
tre milioni di giovani tra i 25 ed i 36 anni che continuano a vivere con i
genitori, oltre tre milioni di lavoratori emigrati che vivono in condizioni di
sovraffollamento e di forte disagio abitativo, oltre il 70% delle famiglie in
affitto (2milioni e 300mila nuclei familiari) ha un reddito inferiore ai 30.000
euro annui e vive in prevalenza nelle grandi aree metropolitane dove gli affitti
sono più elevati.
La divaricazione crescente tra il livello dell’offerta e le capacità della
domanda è dimostrata dall’andamento degli sfratti per morosità, passati dalle
percentuali irrisorie dei primi anni ’80 all’attuale 80% del totale delle
sentenze di sfratto emesse.
Di fronte a questo sintetico e schematico quadro, ben evidenziato dal Cnel nel
documento “La crisi degli affitti ed il piano di edilizia abitativa” appare
evidente la necessità di intervenire in tre direzioni:
1) aumentare in maniera consistente e strutturale l’offerta di alloggi a canoni
sostenibili dalla domanda;
2) sostenere il reddito delle famiglie più deboli attraverso il fondo di
sostegno all’affitto;
3) riformare il regime delle locazioni per riequilibrare le dinamiche del
mercato.
Se queste sono le esigenze gli strumenti finanziari e normativi messi in campo
appaiono ad oggi insufficienti perché, oltre ai problemi quantitativi, non
prevedono un flusso strutturale di risorse in grado di programmare gli
interventi in un arco temporale di medio-lungo periodo. In particolare:
- il sistema dei fondi immobiliari varato con la L. 133/2008 rischia di
rispondere solo ad una parte della domanda per il livello dei canoni che
propone, anche a causa dell’assenza di una reale contrattazione con le
rappresentanze dell’utenza, contrattazione peraltro prevista dal DM di
recepimento della convenzione nazionale ex lege 431;
- il fondo di sostegno alla locazione, strumento indispensabile per sostenere le
famiglie a più basso reddito, viene costantemente ridotto. In valori assoluti è
passato dagli oltre 360milioni del 2000 ai 110 previsti per il 2011. Se si
considera che questi anni hanno visto l’esplosione dei valori immobiliari e
degli affitti, è immediatamente percepibile la divaricazione crescente tra le
risorse che sarebbero necessarie e quelle realmente messe a disposizione;
- la recente introduzione con il decreto delegato sul federalismo fiscale
dell’imposta sostitutiva sui redditi da locazione al 20% non avrà alcun effetto
sulla dinamica degli affitti. E’ illusorio pensare che una riduzione della
pressione fiscale possa produrre come effetto una analoga e spontanea riduzione
del livello dei canoni. Non solo, l’applicazione generalizzata di una flat tax,
oltre ovviamente a favorire in maniera consistente i redditi più alti, riduce,
fino quasi ad annullare, il vantaggio fiscale, peraltro insufficiente, dei
contratti concordati ex art. 3 comma 2 della L. 431/98, rispetto ai contratti a
canale libero.
L’uso attento e selettivo della leva fiscale è indispensabile per governare le
dinamiche del mercato indirizzandole verso comportamenti virtuosi. Era questo
uno degli obiettivi della L. 431 che, introducendo un doppio canale, tentava di
contenere gli affitti attraverso uno scambio offerto alla proprietà tra
contrattazione collettiva ed agevolazioni fiscali.
Questo sforzo viene nei fatti abbandonato nello schema del decreto sul
federalismo fiscale che si configura, su questo punto, puramente e semplicemente
come una riduzione secca della pressione fiscale senza una contropartita in
termini sociali.
Eppure la riduzione degli affitti è uno degli obiettivi prioritari da perseguire
per costruire una politica della casa non episodica o emergenziale. Oggi questo
è possibile solo attraverso un aumento significativo dei contratti concordati.
E’ per questo che, nell’iter che porterà al varo definitivo del decreto
delegato, va reintrodotta una forte differenza di trattamento fiscale tra i due
canali attraverso l’applicazione ai redditi derivanti dai contratti concordati
dell’imposta sostitutiva al 20% calcolata sull’imponibile così come viene
determinato dall’art. 8 della L. 431.
Sul fronte della lotta all’evasione fiscale nel settore lo schema di decreto
delegato contiene misure di contrasto significative ed importanti, ma manca di
due strumenti fondamentali quali la tracciabilità dei pagamenti e la detrazione
fiscale degli affitti pagati dai conduttori. Quest’ultima sarebbe una misura di
equità, perchè introdurrebbe un vantaggio analogo a quello praticato per i
cittadini che pagano il mutuo per la prima casa; di contenimento del peso
complessivo dell’affitto sul reddito; di contrasto all’evasione, perché
creerebbe un conflitto di interessi tra proprietario e inquilino.
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