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Roma, 3 settembre 2010

LA CEDOLARE SECCA NON RISOLVE IL PROBLEMA CASA

Lo schema del decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, approvato nel consiglio dei Ministri del recente 4 agosto è stato venduto come una rivoluzione per il mercato affitti. In verità il settore, in una situazione di estrema problematicità, avrebbe veramente bisogno di essere rivoltato come un calzino. Basterebbe ricordare tutti gli elementi del disagio abitativo l’esosità dei canoni richiesti e gli sfratti per morosità che toccano, oggi più che mai, centinaia di migliaia di famiglie in Italia. Il recente sondaggio della Comunità Europea sulla qualità della vita, descrive le città italiane come luoghi in cui è impossibile trovare un alloggio a un prezzo accessibile, è vero Londra, Parigi o le grandi capitali del nord Europa hanno picchi di prezzi più alti, ma offrono anche opportunità abitative alla portata dei ceti meno abbienti, situazione quasi inesistenti in Italia. In questo contesto si inseriscono le proposte del Governo di tassare i redditi da locazione non più con l’aliquota marginale relativa allo scaglione massimo del proprio reddito ma con una imposta fissa del 20%. Nella nuova tassa, dal 2014, saranno comprese anche le addizionali irpef e le imposte di bollo e registro sul contratto. Se si considera che le aliquote IRPEF applicate ai canoni vanno dal 23% al 43% si tratta di una bella riduzione sulle tasse, ma è necessario osservare che non ne beneficeranno tutti i proprietari. Infatti il vecchio sistema prevedeva una deduzione del 15% sui canoni liberi e del 40,5% sui concordati che non ci sarà più. Ne consegue che i proprietari con redditi bassi rischieranno di pagare di più di quanto pagano ora, mentre i risparmi più consistenti li godranno i proprietari con i redditi più alti. La cedolare secca semplifica il tributo, ma abbandonando la progressività dell’imposta elimina il principio costituzionale delle tasse in proporzione al reddito. Questo passaggio ad una poco equa tassa piatta avrebbe potuto avere un nobile fine che nel provvedimento non c’è, dare veramente uno scossone al sistema degli affitti attraverso il calmieramento del mercato. La proposta del SICET è di inserire la cedolare secca nella riforma della legge sugli affitti, prevedendo per la casa di abitazione principale un unico regime contrattuale derivante dagli accordi territoriali tra proprietà e sindacato. In questo modo il nuovo regime tributario avrebbe un senso, e offrirebbe ai proprietari una vera convenienza per usare questo tipo di contratto, che, tra i vari aspetti interessanti ha anche quello di un maggiore rispetto delle norme di legge sulle locazioni con conseguente riequilibrio tra proprietario ed inquilino e una bassissima tendenza all’evasione. Infatti per questi contratti al fine di usufruire delle riduzioni ICI in molti comuni è obbligatorio il deposito di una copia. Purtroppo il Governo ha fatto un’altra scelta, quella di togliere la già presente leggera differenziazione fiscale tra contratti liberi e concordati, prevedendo la tassazione fissa del 20% per tutti. Questa misura comporterà l’abrogazione tacita del regime contrattuale calmierato. I proprietari stipuleranno solo contratti a canone libero, producendo un innalzamento dei prezzi d’affitto. Il provvedimento contiene anche l’introduzione di un cosiddetto:“conflitto d’interesse” tra proprietario ed inquilino, con la possibilità per l’inquilino di denunciare eventuali illeciti e avere una riduzione del canone ad un terzo della rendita catastale. E’ una misura che ci lascia molto perplessi. Il conflitto di interessi a nostro parere dovrebbe essere diverso. La convenienza che l’inquilino rivendichi di avere un contratto scritto e registrato passa per la deduzione dell’affitto dal reddito nella misura analoga a quella per i mutui. Così modificato si avrebbe una maggiore equità nel provvedimento, in cui i benefici, come il taglio delle tasse, sono previsti esclusivamente per la proprietà, nulla per gli inquilini. Il confronto che si aprirà con il passaggio dello schema di decreto in Conferenza unificata e presso le Commissioni parlamentari potrebbe offrire la possibilità di parlare di riforme vere anche nel settore delle locazioni.


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