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COMUNICATO STAMPA |
Roma, 22 febbraio 2008
Dichiarazione congiunta dei dirigenti SICET
“Sconcerta e
preoccupa il SICET (Sindacato Inquilini Casa e Territorio della CISL), la
decisione della Corte Costituzionale (Ordinanza 32/2008) di respingere le
eccezioni di costituzionalità sul Regolamento Regionale della Lombardia n° 1/04
nella parte in cui prevede che un cittadino debba avere almeno 5 anni
continuativi di residenza e/o attività lavorativa nella regione, per potere
semplicemente presentare una domanda di assegnazione di una casa popolare.
Sconcerta perché la Corte ha sostanzialmente ritenuto la materia dell’Edilizia
Residenziale Pubblica, pur di competenza regionale, oggettivamente svincolata
dal sistema di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sui
servizi che lo Stato dovrebbe fissare, per garantire uniformità di trattamento
ai cittadini su tutto il territorio nazionale.
Preoccupa perché questa decisione va nel senso opposto a quello che servirebbe
per affermare, anche nel nostro Paese, un principio già in essere in altri Paesi
europei, sul il diritto alla casa quale diritto fondamentale e inalienabile da
garantire a tutti i cittadini in condizione di difficoltà alloggiativa.
Con tutto il rispetto che abbiamo e manteniamo nei confronti della Corte
Costituzionale, nella fattispecie il SICET ritiene che sia stata avallata una
norma socialmente discriminatoria, illogica sotto il profilo delle finalità
dell’Edilizia Residenziale Pubblica di tutela dei ceti meno abbienti, lesiva dei
diritti civili e sociali da garantire uniformemente su tutto il territorio
italiano.
Ora il TAR dovrà decidere nel giudizio di merito, tenendo conto della pronunzia
della Corte, in ordine:
― al requisito dei cinque anni di residenza o lavoro in Lombardia, senza il
quale non si può accedere all’assegnazione di un alloggio pubblico, sulle
eccezioni dove il Giudice Costituzionale ha rilevato una insufficiente
motivazione, il Tribunale potrà meglio precisare e poi nuovamente rimettere alla
Corte.
― alla norma regolamentare che prevede un punteggio premiale in rapporto al
maggior periodo di residenza o lavoro in Lombardia (di 5 o 90 punti per periodi
rispettivamente da più di 5 fino a 10 anni e per periodi superiori a 10 anni) il
Tribunale potrebbe decidere nel merito, confermando la precedente sentenza del
2004 dove già si era espresso a favore del ricorso sindacale sulla norma che la
Regione introdusse nel regolamento degli accessi in una prima versione.
Stante l’abbaglio della Corte su questo procedimento e nel caso in cui il TAR
della Lombardia non ritenesse risollevare, con motivi aggiuntivi, la questione
di costituzionalità sulle parti rimaste escluse dalla valutazione, non
resterebbe altro rimedio che ricorrere alla Corte Europea per i Diritti
dell’Uomo.
Ma intanto migliaia di cittadini, italiani o stranieri, residenti in Lombardia
da meno di cinque anni, sconterebbero una insopportabile discriminazione voluta
dalla Regione che vuole negare ogni tutela pubblica su un diritto primario come
quello della casa”.
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